Dal lat.
pulsus, part. di
pellere (DELI 2 s.v.
polso),
polso ricorre esclusivamente nell'
Inferno, sempre in posizione di rima, e nella
Vita Nuova. Già
Francesco da Buti (
ad l.) spiega: «mostra quanto di quella lupa sia impaurito, dicendo che li fa tremar le vene, per le quali discorre il sangue, e li polsi che sono luogo nel corpo umano, dove si comprende la virtù del cuore nel quale è lo spirito vitale: imperò che il cuore è fonte dello spirito sì, come lo fegato è fonte del sangue, e quelle spande, e l'arterie per tutto lo corpo umano. E perchè l'arterie sono appiattate sotto le vene, però non si comprende lo moto dello spirito vitale, se non in quel luogo ove sono scoperte, e quelli luoghi si chiamano polsi». Per una più precisa interpretazione dell'occ. dantesca e del signif. di 'arteria' si rimanda a Bartoli,
Le vene e i polsi (pp. 314-315) e a Bartoli-Ureni,
La morte cruenta, p. 18
. Per la distinzione tra vene e arterie nella cultura medica dell’epoca vd. anche
vena. Dal celebre verso di
Inf. 1.90 deriva l’espressione vulgata
far tremare le vene e i polsi, più volte interpretata erroneamente secondo la figura retorica dell'endiadi come 'le vene dei polsi'. In accordo con la tradizione galenica, la fisiologia del cuore e delle arterie, oltre che a
Inf. 1.90, è ben delineata a
Vn 2.4 («In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente») e
Vn 16.7 («nel cor mi si comincia uno tremoto, / che fa de' polsi l'anima partire»).
. 13.63, ripresa poi da
(vd. TLIO s.v.
), indica la perdita della propria forza vitale: le arterie, infatti, veicolano lo spirito vitale, a differenza delle vene, in cui scorre, assieme al sangue, lo spirito naturale. Ciò risulta evidente ad es. nella descrizione della morte di Bonconte da Montefeltro a
. 5.97-102: mentre il sangue che fuoriesce da «li profondi fóri» (
. 5.73) di Jacopo del Cassero è venoso, quello perso da Bonconte a causa della ferita alla gola (che infatti si rivela mortale) è arterioso, e ciò è evidenziato dalla perdita perdita delle funzioni sensoriali e motorie che dimostra il venir meno dello spirito vitale (vd.
e rel. Nota).