Commedia |
2 (1 Purg., 1 Par.). |
Altre opere | 7 (6 Conv., 1 Rime).
|
Commedia |
pargoli Purg. 7.31; parvol Par. 22.2. |
Altre opere |
pargola Rime 10.60; pargoli Conv. 1.4.3, 1.4.5, 4.19.10; pargolo Conv. 4.16.5, 4.16.5; parvuli Conv. 4.12.16.
|
Dal lat.
parvulus (DELI 2 s.v.
pargolo); per il passaggio
-v- >
-g- Devoto,
Avviamento e DELI 2 (s.v.
pargolo) rimandano per analogia a
ugola (da lat.
uvula), ma in
pargolo è da considerarsi il nesso
-rv-, non la semplice
-v-; il fenomeno fonetico resta ancora da chiarire (cfr. Rohlfs § 262 n. 1). La tradizione manoscritta presenta per tutta la famiglia lessicale (vd.
pargoleggiare,
pargoletta,
parvoletto) anche le forme con la labiodentale, sui motivi della scelta editoriale cfr. Petrocchi,
Introduzione, p. 414. Nell'opera dantesca il vocabolo denota in senso proprio un bambino o un fanciullo. Un uso non connotato si registra a
Purg. 7.31 (ma cfr. anche
Conv. 4.19.10), altrove è invece possibile ravvisare una connotazione positiva (
Par. 22.2 e
Conv. 4.12.16) o negativa (
Conv. 1.4.3, 1.4.5, 4.16.5), nel primo caso insistente sul carattere di ingenuità e semplicità, nel secondo sul carattere di volubilità e irriflessività, che convivono negli individui in tenera età. L'unica att. come agg. si rintraccia nelle
Rime (10.60), dove «persona pargola» vale 'corpo fanciullo' (De Robertis,
Rime, ed. comm.,
ad l.).
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 21.03.2024.