Dal lat.
odorem (DELI 2 s.v.
odore), il sost. è ben doc. nel Duecento col senso proprio di 'esalazione olfattiva (gradevole o sgradevole)', ma ricorre in chiave religiosa già dagli inizi del sec. XIII (cfr. TLIO s.v.
odore). Nella seconda cantica del poema il vocabolo occorre come estens. del signif. proprio (cfr. anche le occ. di
Conv. 4.27.4 e 4.27.7), con rif. alla molteplicità di profumi sprigionati dalla lussureggiante valle (vd.
seno) dei principi negligenti (
Purg. 7.80) e al piacevole effluvio proveniente dai frutti e dall'acqua fresca, causa di tormento per le anime dei golosi (
Purg. 23.34, 23.68; per cui vd. Čale,
Sull’odore di un pomo, pp. 307-324). Nel contesto di
Purg. 7.80, inoltre, i presunti valori simbolici del luogo ameno (in ED s.v.
Valletta dei principi) inducono i commentatori antichi a interpretare l'occ. in senso traslato come 'diletti terreni' o 'virtù': ad es.
Ottimo,
ad l.: «qui l'Autore descrive il luogo, e l'ornamento e soavitade di quello [...] a dimostrare, che costoro che quivi si mondano, si ritennero al mondo per queste delettazioni»; Benvenuto da Imola: «
odori, idest, fragrantia multorum odorum, quo ad delectationem odoratus»;
Francesco da Buti: «e per li odori, li atti virtuosi li quali ulimisceno sopra tutti li odori; e sono sì collegate le virtù insieme, che li loro atti non possano essere distinti». Con allusione alla sfera spirituale,
odore è usato nella terza cantica come termine proprio del linguaggio mistico. Nel richiamare immagini di trad. scritturale (cfr. almeno TLL s.v.
odor, 9.2, 469.11), la fragranza che spande dai
fiori o dai
gigli (vd.
fiore,
giglio) diventa, a seconda del contesto in cui s'inserisce, manifestazione della gioia celeste dei beati e della soavità delle loro voci unisone (§
1.1 [3], [1]) o segno della santità degli apostoli, espressa in parole e opere ([2]). A
Par. 30.126 l'espressione
odor di lode, introdotta dal trans.
redolere (vd.), allude in partic. al canto di lode che la schiera dei beati rivolge a Dio (
Francesco da Buti: «ecco l'ulimento, che rende [
scil. la quale rosa, cioè congregazione de' beati] a Dio, cioè laude e gloria»), per cui Inglese (
ad l.), citando Bellomo,
Il canto XXX, p. 46, ricorda
Apc 5, 89: «fialas aureas plenas odoramentorum quae sunt orationes sanctorum». Nell'opera lat. il sost. è usato in una perifrasi in
Eg. 4.13 («fronde soporifero... odori») per definire il papavero (vd. VDL s.v.
odor, -oris).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 02.11.2022.