Vocabolario Dantesco
latebra s.f.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia latebra Par. 19.67 (:).
Prima att. Latinismo da latebra 'luogo nascosto' (DELI 2 s.v. latebra; vd. anche TLL s.v. latebra). In rima rara e unica tenebra/latebra/crebra (vd.), la voce è att. in contesto fig. quale luogo segreto, occulto, con rif. al mistero che prima nascondeva l'essenza della giustizia divina «ora dischiuso in misura sufficiente [assai] a procedere oltre» (Inglese, ad l.; cfr. Chiavacci Leonardi, ad l.). Il sost. «riemerge in Boccaccio [...], senza indizi d'intertestualità con Dante» (Viel, «Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 283); vi si nota il rif. all’Eneide «Impulerat ferro Argolicas foedare latebras [Virg. Aen. 2.55], parlando del cavallo, ove erano nascosti i Greci» (Daniello, ad l.): a riguardo, inoltre «la voce si trova anche nell'Eneide volgarizzata di Ciampolo di Meo degli Ugurgieri, il che può forse inficiare la primazia dantesca» (Viel, ibid.; cfr. Corpus OVI).
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 29.10.2021.
1 Luogo recondito di difficile accesso (in contesto fig.).
[1] Par. 19.67: Assai t'è mo aperta la latebra / che t'ascondeva la giustizia viva, / di che facei question cotanto crebra;