Par. 33.138: si dova Co La Po.
Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori. Il problema di geometria cui Dante fa rif. al culmine della visione della Trinità (rappresentata da tre cerchi «d'una contenenza» v. 117) è relativo all'impossibilità di conoscere il valore esatto della costante che esprime il rapporto fra la lunghezza di una circonferenza e il suo diametro: «il principio ond'elli [[il geomètra]] indige» (v. 135) corrisponde infatti al
pi greco (
π), un numero irrazionale e trascendente (ossia non intero, infinito e non riducibile a un rapporto algebrico). Quella di «misurar lo cerchio» (v. 134) senza conoscere il valore di
pi greco è operazione impossibile (perché impossibile è conoscere il valore della stessa costante). «Lo cerchio [[...]] è impossibile a misurare a punto» (
Conv. 2.13.27); e inoltre «lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente» (
ibidem); e infine «Nam geometra circuli quadraturam ignorat» [
Mon. 3.3.2]). La questione del calcolo esatto del valore di
pi greco è infatti strettamente connessa ad un altro problema insolubile, quello della
quadratura del cerchio, ossia la costruzione euclidea di un quadrato che abbia la stessa superficie (o lo stesso perimetro) di un dato cerchio (o di una data circonferenza). I problemi di geometria classica appena citati sottendono alla semantica della
neoconiazione dantesca in questione (vd. anche il verbo
convenire del v. 137 'essere commisurato', per cui cfr. TLIO s.v.
convenire): come un cerchio e un quadrato equivalenti sono in un determinato rapporto matematico e geometrico impossibile da cogliere, allo stesso modo all'intelletto umano è impossibile penetrare il mistero dell'Incarnazione del Figlio, ossia comprendere come, nella persona del Cristo, coesistono l'umanità e la divinità. Se, con Inglese (
ad l.), «l'effige di Cristo non è compresa in un cerchio (come avviene in tante raffigurazioni pittoriche), ma è miracolosamente visibile nella circonferenza del
giro corrispondente alla seconda persona», il verbo
indovare più che il generico 'trovar luogo (adatto)' (interpretazione ricorrente), indicherebbe piuttosto il 'configurarsi' simultaneamente, e forse in senso puramente geometrico, di una figura in un'altra equivalente alla prima (cfr. Crusca (4) s.v.
indovarsi 'acconciarsi, e accomodarsi in luogo, quasi nel dove').
Varianti. La tradizione testimonia anche
dovare (Co La Po); resta tuttavia molto più probabile la formazione verbale parasintetica
indovare, costruita secondo un modulo tipicamente dantesco.
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 04.11.2019.