Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. In partic., con uso fig. e non in cit. dantesca, ricorre nell'
Ottimo (cfr. TLIO s.v.
imbestiare e GDLI s.v.
imbestiare § 2; il passo è ora leggibile nella versione del gruppo c
1 dell'
Ottimo [ed. Salerno], III, p. 1832). Il verbo è una formazione parasintetica da
bestia (vd.), con prefisso
in-, ed è prob.
conio dantesco (Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 89). Dal punto di vista semantico, il vocabolo allude non solo al camuffamento di Pasifae in vacca di legno, scena descritta anche da Ovidio (cfr. ED s.v.
Pasifae) e già rammentata da Dante in
Inf. 12.13 e
Purg. 26.41-42 (vd.
vacca e
imbestiato), ma prob. anche al suo abbrutimento morale, in connessione con il peccato punito nel canto (la lussuria), con il v. 84 («seguendo come bestie l'appetito») e con la semantica risalente al radicale
bestia (vd.), rintracciabile, in antico, anche nel signif. fig. dello stesso
imbestiare e in quello di
imbestialire, cioè 'ridursi in una condizione di miseria e abiezione morale e intellettuale' (cfr. GDLI s.vv.
imbestialire § 1 e
imbestiare § 2; TLIO s.v.
imbestialire). Inoltre,
s'mbestiò ricorre in poliptoto con il suo part. in funzione di agg. (vd.
imbestiato) e in figura etimologica con
bestia (vd., v. 84), fatto che «rende con violenta efficacia la degradazione che il peccato comporta» (Martina in ED s.v.
Pasifae). Per l'uso e i signif. di
imbestiare fino ai tempi nostri si veda la doc. raccolta in Artale-Coluccia,
La diacronia prospettica, pp. 58-59.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 31.01.2020.
Data ultima revisione: 27.02.2020.