Commedia |
frui Par. 19.2 (:). |
Prima att.
Latinismo, inf. di
fruor lat. usato in forza di s.m. Voce dotta, impiegata per significare l’esperienza di un piacere non terreno, ma divino («beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspectus»,
Mon. 3.15.7), secondo la distinzione agostiniana tra
frui e
uti ripresa da Benvenuto da Imola (
ad l.)
: «idest, fruitione summi boni, sive participatione beatitudinis [...] est enim frui proprie aeternorum, sicut uti terrenorum [...] ut scribit Augustinus de Civitate Dei [XI 25]» e ben presente a
Francesco da Buti (
ad l.):
«nel dolce frui: imperò che [le dette anime] erano liete ne la sua beatitudine, che non è altro che usare Iddio; la quale cosa è dolcissima». I due tecnicismi,
frui e
uti, sono volgarizzati con i sost. «fruizione» e «uso» nell’
Esposizione del Simbolo degli Apostoli di Domenico Cavalca (ad es. 1.47.2: «Le creature ci son concesse ad uso, non a fruizione»; cfr. TLIO s.v.
fruizione).
Iacomo della Lana (
ad l.) glossa con un altro e parallelo tecnicismo mistico dantesco (
Par. 3.54 e 9.70):
«nel dolce frui: cioè nel dolce letiziare
».
Autore: Paolo Rondinelli.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 30.07.2021.