Dal lat.
flumen (DELI 2 s.v.
fiume; cfr. Isidoro,
Etimol., I.29.1), da cui anche il più raro
fiumana (s.v.). Il vocabolo è att. in volg. precocemente, dalla fine del sec. XII nel
Ritmo bellun. col signif. più frequente di 'corso d'acqua continuo, con portata pressoché costante', e risulta presto diffuso anche con valori estens. e fig. che alludono all'incessante fluire di liquidi e all'abbondanza di qsa (cfr. TLIO s.v.
fiume). Nel poema il sost. è usato per lo più in senso propr., con specifico rif. all'Arno (
Inf. 23.9,
Purg. 14.60) o con richiamo all'idrografia fluviale del mondo ultraterreno. In quest'ultimo caso il rif. è all'Acheronte (
Inf. 3.71 e 81,
Purg. 1.88), il primo dei fiumi infernali, definito «mal fiume» (cfr. ED s.v.
Acheronte; Pirovano,
Idrografia dantesca), e al Lete (
Purg. 28.62 e 70, 29.7 e 71, 31.1 e 94, 32.84), uno dei due fiumi del Paradiso terrestre (cfr. ED s.v.
Lete), «che è fiume d'oblivione de' malvasi atti» (
Iacopo della Lana). A
Par. 30.76 il vocabolo è adattato in ambito mistico a raffigurare un grande flusso di luce – il «lume in forma di rivera» (v. 61) – costituito dai beati, che sono «faville vive» (v. 64): un'immagine d'ispirazione classica e scritturale (es.
Apoc. 22,1), nota prob. anche tramite Bonav.,
Comm. in Apoc., II, 1001: «Flumen aeternae gloriae est flumen Dei, plenum congregatione sanctorum». Nel resto dell'opera dantesca da segnalare l'uso metaf. in
Conv. 4.10.12 e 4.13.16, dove si ritrova il concetto (espresso in entrambi i casi con parole simili) che «le divizie siano fiume corrente di lungi dalla diritta torre della ragione o vero di nobilitade» (cit. da
Conv. 4.13.16). L'espressione proverbiale «ritorneranno i fiumi a' colli» di
Rime 7.31 indica l'impossibilità di un evento.
Locuz. e fras. L'espressione
fiume real (
Purg. 5.122), att. per la prima volta in Dante e richiamata da Giovanni Villani (con riprese sette-ottocentesche, cfr. GDLI s.v.
fiume), indica il corso d'acqua principale che con i suoi affluenti sfocia in mare, come chiosa
Francesco da Buti: «chiamano li Poeti fiumi reali quelli che fanno capo in mare, come fa l'Arno [...] et in esso intrano poi molti altri fiumi li quali li autori chiamano fiumi populari». A
Purg. 1.40 il sost. assume il signif. estens. di 'piccolo ruscello' nel sintagma
cieco fiume, a intendere il
ruscelletto sotterraneo di
Inf. 34.130, formato dallo scarico del fiume Lete, che dal Purgatorio scorre nella «natural burella» (vd.
burella a
Inf. 34.98) fino all'Inferno. Alcuni commentatori lo identificano col Cocito infernale (
Lancia, Chiose Purg.,
Anonimo fior.), «
ma Cocito è una palude, meno ancora definibile
fiume» (Bellomo,
ad l.). L'espressione di
Inf. 1.80,
fiume di parlar, indica la profusione di eloquenza rif. a Virgilio (
Boccaccio: «amplitudine della sua facundia»; Benvenuto da Imola: «abundantissimam copiam eloquii»),
secondo un
topos della trad. classica (cfr. TLL s.v.
flumen, 6, 1.967.4-34; OLD s.v., § 3) che in volg. non ha precedenti. Dopo Dante l'immagine – ancora oggi in uso (cfr. GRADIT s.v., es.
fiumi di parole) – si trova in
Buccio di Ranallo, S. Caterina (cfr. TLIO s.v., § 3.2) e, oltre che nel Buti, nell'analoga frase «d'alta eloquetia sì soavi fiumi» in Petrarca,
Canzoniere, 258.4. A
Purg. 13.90
fiume de la mente è una costruzione fig. esclusiva del poema, con cui si intende l''intelletto' degli spiriti invidiosi che, purificato, può tendere a Dio (cfr. Inglese [ed. comm.],
ad l.). Il sintagma è stato anche inteso dall'esegesi più antica come «gratia divinae mentis» (Benvenuto da Imola,
ad l.) o dalla maggior parte dei moderni come «fiume della memoria», con allusione al Lete che cancella il ricordo dei peccati.
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 09.11.2023.