Dal
gr. alpha (LEI s.v., 1, 222.17). Nei doc. it. antichi, il nome della lettera è att. a partire dalla fine del sec. XIII (vd. TLIO s.v.
alfa), sia con conservazione del digramma
-ph-, sia con grafia volg.
-f-. Non esclude una possibile lettura
alfà Petrocchi (
ad l.), accolta dall'ed. Lanza («Alfà e O è di quanta scrittura»
ad l.).
Locuz. e fras. Nel poema, il termine ricorre nell'espressione «Alfa e O», cioè
alfa e omega, 'principio e fine', di derivazione scritturale: «Ego sum alpha et omega, principium et finis, dicit Dominus Deus» (
Apoc. 1, 8; ma cfr. anche
Is 44, 6 e 48, 12). La locuz. è richiamata anche nell'
Epistola a Cangrande, in chiusura («cum sit Alpha et O, idest principium et finis, ut visio Iohannis designat...»
Ep. 13.90). È oggi respinta – in partic. dopo i puntuali rilievi di Del Popolo (
«Alfa e O»;
Ancora per «Alfa e O»;
Postilla per «Alfa e O» – la lettura «Alfa e Omega», accolta dalle ed. antiche (cfr. anche Ed. Crusca,
ad l.). Verso la lez. «e O» convergono non soltanto le esigenze metriche e la trad. del poema, ma anche la fortuna del sintagma, proprio in questa partic. forma, nell'innologia mediolat. e nei testi volg. (cfr. gli ess. proposti da Del Popolo nei contributi cit.; cfr. anche PL e ancora TLIO s.v.
alfa). La diffusione della versione "ridotta" «e O», infine, sarà stata favorita anche dall'iconografia del tempo (cfr. Barbagallo,
Iconografia liturgica, p. 115).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 26.01.2021.
Data ultima revisione: 19.03.2021.