Dal lat. *
aculea (LEI s.v.
aquila, 3a, 640.10). Le caratteristiche dell’aquila dantesca sono quelle della cultura medievale: la straordinaria potenza visiva dell’animale (già nei classici, cfr. Lucano,
La Farsaglia IX 902-905), di
Par. 1.48, e la capacità di volare più in alto degli altri uccelli, come a
Inf. 4.96 (vd.
aquila e cfr. anche l’aquila ‘astripeta’ di
De vulg. 2.4.11). L’abilità nel volo e la capacità di scendere in picchiata repentinamente e rapidamente – già nella Bibbia (cfr. Baraldi,
Il simbolismo) –, sono menzionate a
Purg. 32.125 (e 32.112, dove l’animale è detto «uccel di Giove»). L’immagine dell’aquila che si forma nel cielo di Giove (a
Par. 18.107 e 20.26), come in figura araldica (cfr. Carrega,
Aquile, p. 288), non è imitazione delle «aguglie mortali» (
Par. 20.32), ma «benedetta immagine» (
Par. 19.95) e, anzi, il modello archetipico che è nella mente divina (Calenda,
L’mmaginazione, p. 199): «Quei che dipinge lì, non ha chi ’l guidi; / ma esso guida, e da lui si rammenta / quella virtù ch’è forma per li nidi» (
Par. 18.109-111). Le insegne militari dell’antica Roma a
Purg. 10.80 sono forse intese impropriamente (cfr. Chiavacci Leonardi, p. 305); in realtà Dante indica le insegne imperiali così com’erano al suo tempo: aquile (nere) in campo d’oro (cfr.
Ep. 4.12: «cum advolaverit aquila in auro terribilis»). A
Par. 6.1,
aquila (vd.), indica estensivamente l’impero e la sua capitale; con il signif. traslato indicante il ‘potere imperiale romano’, «signo aquile» si recupera ancora in due luoghi della
Mon. (2.9.15 e 2.11.6).
Varianti. Nell’Italia settentr. («con irradiazione in Toscana», LEI s.v.
aquila 3a, 663.25 IIIa 663 25) si diffusero i derivati del lat.
aquila, con spostamento dell’accento:
*aquilea (ivi 649) e
*aculea (
ibid.), che spiegano rispettivamente il tipo
aguiglia (per cui cfr. Romanini,
Codici, p. 390) e
aguglia. I due tipi
aquila (vd.) e
aguglia si alternano nella tradizione del testo della
Commedia, lasciando intendere una perfetta sovrapponibilità semantica (cfr. TLIO s.vv.
aquila e
aguglia). La scelta degli editori a favore dell’uno o dell’altro, se talvolta dipende da ragioni metriche (cfr. Petrocchi,
Introduzione, p. 418 – ma non è sempre significativo lo spostamento dell’accento), talaltra si deve a ragioni stilistiche: possono confrontarsi le diverse soluzioni adottate in
Inf. 4.96 (per cui si veda Nencioni,
Struttura, p. 5) e
Inf. 27.41 (per cui cfr. Inglese
ad l.). E ancora
Par. 1.48 dove, nell’ed. Chiavacchi Leonardi,
aquila è preferita ad
aguglia, e per ragioni metriche e per ragioni stilistiche.
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 01.09.2017.
Data ultima revisione: 27.04.2018.