Vocabolario Dantesco
elsa s.f.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia elsa Par. 16.102.
Prima att. Germanismo dal longob. helza (DELI 2 s.v. elsa). La forma accolta dall'ed. Petrocchi si fonda sul Triv, cod. fior., che legge elsa; tuttavia, nella trad. del poema è nettamente predominante la lez. elza (recano «elça» i codd. Ash Eg Fi La Lau Laur Lo Mad Pa Parm Po Pr Rb Ricc Tz Vat). Come rileva Arrigo Castellani, «ser Francesco di ser Nardo» – copista del Trivulziano 1080 – «ha probabilmente mutato elza in elsa per ipercorrettismo, avendo egli stesso tendenza a pronunciare z invece di s dopo liquida o nasale» (Id., Gramm. stor., p. 84, nota 154). Anche il volgarizzamento delle Pistole di Seneca, testo fior. collocabile entro il 1325 ca., predilige la forma elsa (vd. TLIO s.v.). Si può pertanto supporre che elsa non sia «forma primaria, ma dovuta all'oscillazione tra z e s dopo liquida o nasale», e che si sia successivamente diffusa grazie anche «all'uso di Francesco di Nardo e dei copisti che ne dipendono» (Castellani, ibid.). Sul piano semantico, il termine è impiegato da Dante in senso propr. e con preciso rif. a quell'elemento orizzontale che, con il pomo (vd.), completa l'impugnatura della spada. La doratura di quest'ultima, infine, allude alla nobiltà della casata dei Galigai (cfr. ED s.vv. elsa e Galigai).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 26.01.2021.
Data ultima revisione: 19.03.2021.
1 [Armi] Parte orizzontale dell'impugnatura della spada che protegge la mano e blocca l'entrata della lama nel fodero.
[1] Par. 16.102: Quel de la Pressa sapeva già come / regger si vuole, e avea Galigaio / dorata in casa sua già l'elsa e 'l pome.