Vocabolario Dantesco
cupido agg.
Commedia 4 (1 Inf., 2 Purg., 1 Par.).
Commedia cupide Purg. 20.93; cupido Par. 5.89, Inf. 19.71, Purg. 32.154.
Dal lat. cupidum (DELI 2 s.v. cupido), ben att. sin dal Duecento col signif. di 'avido, bramoso; desideroso' (vd. anche TLIO s.v. cupido). Nella Commedia, lo smodato desiderio di chi è cupido assume diverse accezioni: è desiderio di ricchezze, di beni terreni (1), è vera e propria concupiscenza (1.1), nello sguardo libidinoso della «puttana sciolta» di Purg. 32 e, infine, è brama di conoscenza (1.2): si tratta, in quest'ultima occ., del «cupido ingegno» di Dante che la trasfigurazione di Beatrice a Par. 5 mette a tacere. Tra le opere dantesche, l'agg. è esclusivo della Commedia.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.
1 Che nutre uno sfrenato e intenso desiderio (spec. di ricchezze) (anche in contesto fig.).
[1] Inf. 19.71: e veramente fui figliuol de l'orsa, / cupido sì per avanzar li orsatti, / che su l'avere e qui me misi in borsa.
[2] Purg. 20.93: Veggio il novo Pilato sì crudele, / che ciò nol sazia, ma sanza decreto / portar nel Tempio le cupide vele.
1.1 Colmo di lascivia, concupiscente.
[1] Purg. 32.154: Ma perché l'occhio cupido e vagante / a me rivolse, quel feroce drudo / la flagellò dal capo infin le piante...
1.2 Che nutre un intenso desiderio di conoscenza.
[1] Par. 5.89: Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante / puoser silenzio al mio cupido ingegno, / che già nuove questioni avea davante...