Da
coccia (a sua volta dal lat. volg. *
cocea in luogo del classico
cochlea) attraverso la «var. non toscana
còzza nel sign. di 'cranio, corna'» (Nocentini s.v.
coccia), sebbene in it. antico
cozzare conti occ. esclusivamente tosc. (cfr. TLIO s.v.
cozzare;
Corpus OVI). Fin dalle sue prime att. duecentesche, il verbo ricorre col signif. propr. riconducibile all'azione, tipica di certi animali dotati di corna, di urtare violentemente contro qsa con la testa. Più tardi sono, invece, i signif. estens. di 'urtare contro qsa o qno' e 'scontrarsi con qno o qsa' (cfr.
TLIO s.v.;
Corpus OVI). Nell'occ. di
Inf. 32.51
cozzare, usato con valore assol., ricorre nella similitudine che descrive lo scontro rabbioso dei due fratelli saldati insieme nel ghiaccio del Cocito, i quali sono paragonati a due caproni (vd.
becco [2]) che si urtano a vicenda con le corna. Chiavacci Leonardi
ad l. rintraccia un prob. precedente del passo in
Georg., II, 256: «inter se adversis luctantur cornibus haedi». Nella
Commedia è att. anche la forma verbale perifrastica
dare di cozzo (vd.
cozzo), che assume lo stesso signif. di
cozzare. A tal proposito, si segnala che nel commento di
Giovanni Boccaccio a
Inf. 9.97 («Che giova ne le fata dar di cozzo?») ricorre per la prima volta la locuz. verb.
cozzare col muro ('ostinarsi a voler tentare qsa di impossibile'), che verrà registrata a partire da Crusca (4) («
Cozzar col muro, o
co' muricciuoli, o simili, dicesi di chi tenta cose impossibili, o si mette a contrastare con chi è più potente di sé») e conoscerà una grande fortuna che si protrae fino ai giorni nostri (cfr. GDLI e GRADIT s.v.
cozzare).
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 06.04.2024.
Data ultima revisione: 30.09.2024.