scheggione s.m.
Nota:Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori. Il termine, che già si rintraccia come toponimo in doc. senesi del sec. XIII
ex. (Ceppari Ridolfi,
Le pergamene, p. 234 nr. 491), è un derivato di
scheggio (vd.), di cui nella
Commedia sembra essere sinonimo. Infatti, come a
Inf. 21.60 Virgilio consiglia a Dante di acquattarsi «dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia», così, poco dopo, al v. 89, lo richiama a sé con le parole: «“O tu che siedi / tra li scheggion del ponte quatto quatto, / sicuramente omai a me ti riedi”» (in questo luogo, tra l'altro,
scheggio ricorre come var. di
scheggione in Ham).
Scheggione è anche registrato come var. di
secchione (vd.) a
Purg. 18.78, nella similitudine in cui Dante descrive la luna che, con la sua luce, rende meno visibili le stelle intorno ad essa. Benvenuto da Imola commenta sia
secchion sia
scheggion, chiosando questo con le parole: «sicut faxum naturaliter ardens et emittens ignem». Per Benvenuto lo
scheggion è come una fascina («faxum»; vd. Sella,
Gloss. lat. emil., s.v.
faxum) di legna o di rami ardente. Nel 1826 Parenti,
Alcune annotazioni, s.v.
secchione, associa l’immagine della luna-
scheggione a un «grosso pezzo di legno abbraciato». Anche grazie al commento di Benvenuto da Imola,
scheggion è accolto a testo da Sanguineti (cfr. anche Sanguineti,
Appendice, p. 251) e avallato da Trovato (
Fuori dall’antica vulgata, p. 691). Inglese,
Per il testo, p. 502, è del parere che «la similitudine non si regg
a con lo
schieggione [...], che sarà un macigno». Per la var. qui si propone un signif. che sembra risalire a
scheggia (vd.) nel senso di ‘pezzo di legno, ramo’.
[ 2 +var. Grosso pezzo di legno. ]
[1] Purg. 18.78: La luna, quasi a mezza notte tarda, / facea le stelle a noi parer più rade, / fatta com' un secchion che tuttor arda... || scheggion Co - Sanguineti, schegion Ga, schieggion Urb.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi 21.06.2018 (ultima revisione: 03.12.2018).