Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

Vocabolario Dantesco

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muso s.m.
Frequenza:
Commedia 8 (6 Inf., 2 Purg.).
Lista forme e index locorum:
Commedia muso Inf. 18.104, 22.26, 22.106 (:), 25.123 (:), 25.130, 32.32, Purg. 3.81 (:), 14.48 (:).
Locuz. e fras.: Torcere il muso 1.1.
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: TLIO, Crusca in rete, ED.
Nota:Prima att. , ma l'agg. muso, che deriva dal sost., è già att. in Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. col signif. di 'restio all'azione, pigro' («Zené sta otïoso, repossa e perde 'l tempo, / Sta mus, imbrega li oltri, e quest è argumento / K'el è tut plen de vitio e de re scaltrimento»; cfr. TLIO s.v. muso 2, 1.1). Dal lat. tardo musus (DELI 2 s.v. muso), che conosce molti continuatori in area romanza (cfr. Viel, «Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 301). Nella Commedia la voce muso è impiegata con due diverse sfumature semantiche, l'una delle quali relativa alla parte anteriore della testa di un animale e l'altra, con valore estens. e con connotazione perlopiù spregiativa, relativa al volto umano. Nelle occ. di Inf. 22.26, Inf. 32.32 e Purg. 3.81, il sost. ricorre all'interno di similitudini tra il mondo animale e alcune anime infernali e purgatoriali. A tali occ. è accostabile quella di Inf. 22.106, stavolta rif. al muso (canino?) del diavolo Cagnazzo, forse chiamato così proprio perché i suoi connotati sono simili a quelli di un cane (cfr. cagnazzo e la bibliografia ivi cit.). Per tale occ., cfr. anche il commento di Francesco da ButiCagnazzo a cotal motto levò il muso: muso propriamente si dice la bocca del cane, et a questo demonio fu dato di sopra la figura del cane») e di Chiavacci Leonardi («levò 'l muso: come fa appunto il cane da caccia quando fiuta la preda») ad l. Alle fattezze bestiali dei dannati fanno invece rif. le att. di Inf. 18.104, Inf. 25.123 e Inf. 25.130. Nello specif., il muso di Inf. 18 è quello dei lusingatori che, immersi nello sterco, talvolta scuffano, cioè sollevano il capo e soffiano rumorosamente con la bocca e le narici alla stregua di maiali (vd. scuffare). Ancora più pregnanti sono le due occ. di Inf. 25, dove il sost. muso rende l'idea dei ladri che, condannati a subire un'eterna e ciclica metamorfosi in serpenti, si ritrovano il viso e il resto del corpo sfigurati in tratti. Si noti, peraltro, come in tutte le occ. qui cit. muso può anche assumere i signif. estens. di 'parte anteriore della testa' o 'testa'. Con analoghi signif. è att. anche il sost. ceffo (a Inf. 17.50 nel senso di 'parte anteriore della testa di un animale', a Inf. 34.65 nel senso di 'volto umano'), che però, come segnalato dall'antica esegesi, parrebbe maggiormente circoscritto in diatopia (cfr. Iacomo della Lana a Inf. 17.50: «çeffo in lengua toscana si è 'muso'»). Il sost. muso nei sec. successivi ha goduto di una grandissima e ininterrotta fortuna, sia in letteratura sia nell'uso comune, in entrambe le accezioni, arrivando ai giorni nostri come parola di "alto uso" (cfr. TLIO e GDLI s.v. muso 1; GRADIT s.v. muso). Tuttavia, non è possibile attribuire al solo Dante la sopravvivenza di questa voce poiché essa, data la sua connotazione popolare, avrà certamente conosciuto una più antica e ampia circolazione sotterranea.
Locuz. e fras. L'occ. di Purg. 14.48, inserita nell'espressione torcere il muso, arricchisce l'immagine dell'Arno personificato che, alla vista della città di Arezzo, storce disgustato il viso e, per evitarla, fa una brusca curva a gomito e torna indietro verso nord-ovest, dando origine al Valdarno superiore. A tal proposito, cfr., tra gli altri, Pasquini-Quaglio e Chiavacci Leonardi ad l., che però associano piuttosto il gesto a quello di un animale infastidito da qsa («personificazione animalesca del fiume»; «Il fiume dunque si allontana sdegnoso, quasi bestia che distorce il muso da qualcosa di schifoso»). Il sintagma torcere il muso, rif. a questa partic. espressione del volto umano, è di prima att. dantesca ma era prob. già diffuso in contesto popolare al pari di muso. Del resto, anch'esso ha conosciuto un'amplissima diffusione ed è giunto sino ai giorni nostri: il GRADIT, s.v. torcere, lo registra come di "uso comune" al pari di storcere il naso, di signif. analogo (cfr. GRADIT s.v. storcere).
 
1 Parte anteriore e sporgente della testa di un animale, che comprende le narici e la bocca.
[1] Inf. 22.26: E come a l'orlo de l'acqua d'un fosso / stanno i ranocchi pur col muso fuori, / sì che celano i piedi e l'altro grosso, / sì stavan d'ogne parte i peccatori...
[2] Inf. 32.32: E come a gracidar si sta la rana / col muso fuor de l'acqua, quando sogna / di spigolar sovente la villana, / livide, insin là dove appar vergogna / eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia...
[3] Purg. 3.81: Come le pecorelle escon del chiuso / a una, a due, a tre, e l'altre stanno / timidette atterrando l'occhio e 'l muso...
[Con rif. ai connotati del diavolo Cagnazzo].
[4] Inf. 22.106: Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso, / crollando 'l capo...
1.1 [Con connotazione spregiativa:] volto umano (estens.).
[1] Inf. 18.104: Quindi sentimmo gente che si nicchia / ne l'altra bolgia e che col muso scuffa, / e sé medesma con le palme picchia.
[2] Inf. 25.123: l'un si levò e l'altro cadde giuso, / non torcendo però le lucerne empie, / sotto le quai ciascun cambiava muso.
[3] Inf. 25.130: Quel che giacëa, il muso innanzi caccia, / e li orecchi ritira per la testa / come face le corna la lumaccia...
Torcere il muso: storcere il viso in un'espressione di fastidio o disgusto (in contesto fig.).
[4] Purg. 14.48: Botoli trova poi, venendo giuso, / ringhiosi più che non chiede lor possa, / e da lor disdegnosa torce il muso.


Autore: Francesca Spinelli 05.05.2025 (ultima revisione: 29.11.2025).