Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

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mosca s.f.
Frequenza:
Commedia 4 (4 Inf.).
Lista forme e index locorum:
Commedia mosca Inf. 26.28; mosche Inf. 17.51.
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: TLIO, Crusca in rete, ED.
Nota:Lat. musca (DELI 2 s.v. mosca). «Item a mus pro terra vel sorice hec musca -e, quasi muris esca», secondo l’etimologia di Uguccione da Pisa (M148, 17, ed. Cecchini). Il sost. è att. in it. antico sin dal sec. XII u.q. (Proverbia que dicuntur, venez., cfr. TLIO s.v. mosca § 1). In Dante ricorre in senso propr. a Inf. 17.51, in una similitudine, nella quale gli usurai, che cercano riparo con le mani ai vapori (vapore, vd.), la pioggia di fuoco, e al caldo fuoco, il sabbione rovente, vengono assimilati ai cani, che, insidiati d’estate da mosche e da altri insetti, tentano di liberarsene con il muso e con le zampe. La compresenza con i tafani e le pulci (tafanopulce, vd.) avviene per accumulo, sulla base del tema tradizionale della fastidiosità inesorabile della mosca (cfr. Bestiario moralizzato, sec. XIII, 51.1). Secondo Gorni, il realismo della similitudine, che accresce il già ricco bestiario del canto (biveroanguillascorpione, vd.), sarebbe frutto della contaminazione tra l’osservazione degli aspetti più concreti dell’esistenza e la lettura di testi prov. come la canzone Pois la fuoilla revirola di Marcabruno (cfr. Gorni, Canto XVII, p. 236, cit. da Inglese, ad l.). In partic. il nesso tra mosche e tafani non è nuovo nella letteratura it.: ricorre in Giacomino da Verona, Ierusalem (cfr. TLIO s.v. § 1); successivamente in Boccaccio, Decameron (VIII 7, 116) e in Giovanni Villani, Cronica (VIII 102). A Inf. 26.28 l’espressione come la mosca cede alla zanzara significa ‘l’ora del crepuscolo’ (zanzara, vd.). Nella CommediaMosca è att. anche come nome propr., rif. al Mosca de’ Lamberti (Inf. 6.80; Inf. 28.106).
1 [Zool.] Insetto dell’ordine dei Ditteri, che si caratterizza per le piccole dimensioni, il corpo tozzo e il solo primo paio di ali atto al volo.
[1] Inf. 6.80: E io a lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni / e che di più parlar mi facci dono. / Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni, / Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca / e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni, / dimmi ove sono e fa ch'io li conosca; / ché gran disio mi stringe di savere / se 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca». 
[2] Inf. 17.51: non altrimenti fan di state i cani / or col ceffo or col piè, quando son morsi / o da pulci o da mosche o da tafani.
[3] Inf. 26.28: Quante 'l villan ch'al poggio si riposa, / nel tempo che colui che 'l mondo schiara / la faccia sua a noi tien meno ascosa, / come la mosca cede a la zanzara, / vede lucciole giù per la vallea, / forse colà dov' e' vendemmia e ara...
[4] Inf. 28.106: E un ch'avea l'una e l'altra man mozza, / levando i moncherin per l'aura fosca, / sì che 'l sangue facea la faccia sozza, / gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca, / che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", / che fu mal seme per la gente tosca».


Autore: Paolo Rondinelli 27.09.2018 (ultima revisione: 20.12.2021).