alluminare (2) v.
Nota:Att. unica. Adattamento dal
francese enluminer, che ha il signif. di 'miniare' («quell'arte ch'alluminar chiamata è in Parisi», cioè a Parigi), per cui cfr. anche TLIO s.v.
alluminare (1). La derivazione da
lumen è contrastata da quella che fa capo ad
alumen, l’allume usato dai miniatori, il cui nome deriva dal 'minio', l’ossido misto di colore rossastro pure utilizzato nell’illustrazione dei manoscritti (ma «anche da questo versante etimologico, un rapporto con
lumen pare ben radicato», tanto più che «molti commentatori sono inclini a leggere negli stessi termini anche l'ardita metafora dantesca delle carte che ridono, che applica alla dimensione del libro il traslato che da Virgilio in poi era stato riferito al mondo della natura»; sulla questione cfr. Prandi,
Teologia come pittura, p. 101 e sgg.). I commentatori moderni (cfr. Chiavacci Leonardi e Inglese,
ad l.) riportano in merito al passo dantesco un passo di Salimbene de Adam,
Cronica, p. 262: «frater Henricus Pisanus [...] sciebat scribere, miniare (quod aliqui illuminare dicunt, pro eo quod minio liber illuminatur)».
Francesco da Buti (
ad l.) glossa: «costui è stato l'onore d'Agobbio, e l'onor di quell'arte; cioè del miniare, Che alluminar è chiamata in Parisi? Cioè in Parigi città reale del re di Francia lo miniare si chiama alluminare». Al pari di
pennelleggiare (vd.),
alluminare, in questa accezione, è esclusivamente dantesco: «potrebbe trattarsi di prelievi arditi di terminologia iper-specialistica (compaiono uno di séguito all’altro, in un vero fuoco di fila, un’esplosione di colori e immagini, nel canto XI del
Purgatorio)» (Frosini,
Dante disegnatore, p. 89; cfr. anche Ricotta,
Per il lessico artistico, p. 32).
Autore: Chiara Murru 27.09.2018 (ultima revisione: 19.03.2021).