coruscare v.
Frequenza:
Commedia |
3 (1 Purg., 2 Par.). |
Lista forme e index locorum:
Commedia |
corusca Par. 5.126; coruscar Purg. 21.50, Par. 20.84. |
Nota:Prima att.
Latinismo da
coruscare (DELI 2 s.v.) Nella spiegazione dottrinale offerta dall'ombra di Stazio (
Purg. 21.50), il verbo, impiegato con valore sost., acquista il rilievo di un tecnicismo meteorologico, venendo ad accrescere la gamma delle alterazioni atmosferiche generate dai vapori cui è soggetta la terra. Nella terza cantica, invece, il cultismo è in rif. alla luce emessa dalle anime, che manda lampi quando queste sorridono. La stessa immagine è riproposta, attraverso l'agg.
corusco (vd.), in
Par. 17.22. Per la corrispondenza riso-luce, splendore esterno-interno, cfr. anche
Conv. 3.8.11 («E che è ridere se non una corruscazione della dilettazione dell'anima, cioè uno lume apparente di fuori secondo sta dentro?»). Il verbo lat.
coruscare è impiegato da Dante nell'
Ep. 5.3, ma con valore fig.: «Saturabuntur omnes qui esuriunt et sitiunt iustitiam in lumine radiorum eius, et confundentur qui diligunt iniquitatem a facie coruscantis».
1 [Con rif. a un corpo celeste, a un'anima:] mandare bagliori, lampeggiare.
[1] Par. 5.126: «Io veggio ben sì come tu t'annidi / nel proprio lume, e che de li occhi il traggi, / perch' e' corusca sì come tu ridi...
[2] Purg. 21.50: nuvole spesse non paion né rade, / né coruscar, né figlia di Taumante, / che di là cangia sovente contrade...
[3] Par. 20.84: mi pinse con la forza del suo peso: / per ch'io di coruscar vidi gran feste.
Autore: Barbara Fanini 01.02.2017 (ultima revisione: 27.04.2018).