Grecismo veicolato dal
lat. cometes 'dotato di chioma' (DELI 2 s.v.), alternativo a (
stella)
crinita («Cometae autem Latine crinitae appellantur, quia in modum crinium flammas spargunt» Isidoro,
Etimol., III.71.17). Il termine è att. in volg. dalla seconda metà del sec. XIII; il primo es. si registra nel trattato di Restoro d'Arezzo (1282): «E già vedemmo [[...]] uno grandissimo vapore, quasi enfiambato, come una grandissima montagna, e avea grandi ragi o vóli crina, la quale era chiamata cometa» (
La composizione del mondo colle sue cascioni, L. II, dist. 7, cap. 5, p. 191; vd. TLIO s.v.
cometa; l'att. delle
Storie de Troia e de Roma è ora datata all'ultimo quarto del sec. XIII). Nella documentazione volg. si rilevano alcune occ. masch., coerenti comunque con il genere dell'etimo
cometes (vd. ancora
TLIO s.v., §
0.5); anche in lat., del resto, era ammessa una certa alternanza (cfr. TLL s.v.
cometes, 3, 1781.83 e sgg.). Nella
Commedia il termine occorre un'unica volta, in rima, nella similitudine che accosta il
fiammare (vd.) delle «anime liete» (v. 10) nel Cielo delle stelle fisse a quello di tali corpi celesti: «
comete. Sono vapuri viscusi caldi montadi fino a la terça regione sovrana dello aiere, e gl'acisi e gl'infiamadi, et aparno stelle cum cova, çoè treça, e però sono apellade comete. La qual coma gl'avene da lo fumo aceso de quelle che sempre tende a la oposita parte del so moto, come appare nella
Methaura del Philosopho; [[...]] e de questa guisa pone l'autore che cussì fevano le anime beate mostrando a vista soa alegreça e gaudio» (
Iacomo della Lana,
ad l.).