L'unica occ. nella
Commedia è in
Par. 21.90, dove, nel cielo di Saturno, si svolge il discorso dell'anima beata di san Pier Damiano.
Chiarità è usato, nella descrizione, insieme all'agg.
chiaro (vd.) al v. 89 e al verbo
schiarare (vd.) al v. 91, per spiegare lo stato di beatitudine eterna dell'anima che gode della visione di Dio («l'allegrezza ond'io fiammeggio», vd.
allegrezza): l'intensa luminosità della fiamma è proporzionata infatti al grado di visione di Dio («per ch'a la vista mia, quant'ella è chiara, / la chiarità de la fiamma pareggio»). Il signif. è dunque lo stesso di
chiarezza (vd.).
Chiarità ricorre poi a
Conv. 3.7.3, a indicare la qualità di limpidezza e trasparenza di un corpo (vd. TLIO s.v.
chiarità, signif.
2) e a
Conv. 3.9.5, dove indica generic. una luminosità diffusa. Il grado di innovazione dantesca è misurabile con l'uso ben consolidato (testimoniato dal TLIO s.v.
chiarità 1.4) del vocabolo in ambito religioso per indicare la luminosità di Dio, degli angeli e dei santi.