Commedia |
4 (1 Inf., 3 Par.). |
Commedia |
schiara Inf. 26.26 (:), Par. 21.91 (:); schiarar Par. 26.23; schiarato Par. 25.106. |
Nel signif.
1, 'illuminare qsa con la propria luce',
schiarare ricorre a
Inf. 26.26 in un'ampia perifrasi che indica l'estate (quando «colui che 'l mondo schiara», cioè il sole, «la faccia sua a noi tien meno ascosa», poiché le notti sono più brevi). Il signif.
2, analogo a quello di
schiarire (vd.) ricorre solo nella terza cantica, con rif. alle anime dei beati. In questa accezione,
schiarare rientra nel campo semantico della luminosità che è prerogativa del mondo paradisiaco (nel
Paradiso la luminosità cui si fa rif. è quell’intenso splendore che avvolge le anime, in misura proporzionale al grado di visione di Dio raggiunto da ciascuna anima, a sua volta commisurato alla grazia concessa da Dio; vd.
chiaro e relativa
Nota e derivati). È infine l'agg.
chiaro, nel signif.
4 (vd.) di 'agile a intendersi', alla base della terza accezione di
schiarare, che vale ‘farsi più certo di qsa eliminando i dubbi’ (cfr. Crusca (4) 'figuratamente per uscir di dubbio'), a partire dall’immagine del vaglio, che elimina la pula dal grano. Il verbo, entro le opere dantesche, è esclusivo della
Commedia, mentre risulta ben att. sin dal Duecento, sia col signif. di 'illuminare', sia con quello di 'rendere comprensibile, sciogliere un dubbio' (cfr.
Corpus TLIO).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 30.10.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.