Vocabolario Dantesco
veleno s.m.
Commedia 3 (1 Purg., 2 Par.).
Altre opere1 (1 Rime).
Commedia velen Purg. 31.75, Par. 4.65; veleno Par. 19.66 (:).
Altre opere veleno Rime d. 5.14.
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Dal lat. venenum (connesso con venus ‘desiderio, attrazione erotica’), propr. ‘filtro amoroso’ (Nocentini s.v. veleno). La tradizione manoscritta attesta anche le forme non dissimilate del tipo veneno. Il termine indica propr. ‘qualsiasi sostanza capace di nuocere alle funzioni fisiologiche di un organismo fino anche a provocarne la morte’. L’uso dant. del sost. a Par. 4.65 e 19.66 (rispettivamente 1 e 1.1) insiste sul carattere pericolosamente dannoso della sostanza e, in partic., sulle sue proprietà micidiali. Il signif. estens. (2) si sviluppa a partire dal tratto semantico dell’amarezza, comune ad alcune sostanze considerate tossiche (vd. amaro, fiele e tosco 2). Senso propr. nelle Rime (d.5.14).
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 25.09.2018.
Data ultima revisione: 25.09.2018.
1 [Con partic. rif. al suo carattere insidioso:] sostanza nociva (in contesto fig.).
[1] Par. 4.65: L'altra dubitazion che ti commove / ha men velen, però che sua malizia / non ti poria menar da me altrove.
1.1 Ciò che è causa di corruzione morale (fig.).
[1] Par. 19.66: Lume non è, se non vien dal sereno / che non si turba mai; anzi è tenèbra / od ombra de la carne o suo veleno.
2 [Con rif. a un discorso:] ciò che risulta mordace e provoca amarezza (estens.).
[1] Purg. 31.75: Con men di resistenza si dibarba / robusto cerro, o vero al nostral vento / o vero a quel de la terra di Iarba, / ch'io non levai al suo comando il mento; / e quando per la barba il viso chiese, / ben conobbi il velen de l'argomento.