Vocabolario Dantesco
spavento s.m.
Commedia 3 (2 Inf., 1 Purg.).
Commedia spavento Inf. 3.131 (:), 9.65 (:), Purg. 12.47 (:).
Pien di spavento 2, pien di spavento 1.
Deverbale da spaventare (vd.), a sua volta dal lat. volg. expaventare (LEI s.v. *expaventare, 22.577.18), il lemma è att. in it. antico sia nella forma masch. spavento (vd. TLIO s.v.), sia al femm. spaventa, hapax presente solo nella canzone Poes. an. U· novello pensiero (vd. PSs, III, p. 631, n. 34; ma cfr. anche TLIO s.v. spavenza). Nella Commedia il vocabolo presenta tre occ., tutte a fine verso, e in due casi il termine si presenta all'interno della locuz. pien di spavento. A Inf. 3.131 spavento descrive la sensazione suscitata dal terremoto verificatosi nell'Antinferno nel momento in cui Dante, ricordando tale evento catastrofico, rivive le stesse emozioni. Il sintagma «de lo spavento» può avere quindi valore causale ('a causa dello spavento') o può essere inteso come compl. di specificazione legato tramite enjambement a «mente» del v. successivo, con il signif. di 'la memoria dello spavento' (vd. Bosco-Reggio, ad l. e Chiavacci Leonardi, ad l.). La correlazione tra il sisma, le sue cause e le ripercussioni emotive sull'uomo è ben evidenziata dalle scelte stilistiche: spavento è posto infatti in rima con vento, un termine che richiama la dottrina di Aristotele secondo la quale l'origine dei terremoti risiedeva nella fuoriuscita di venti e vapori sotterranei formatisi per il riscaldamento solare i quali, emergendo in superficie, erano capaci di scuotere la crosta terrestre (cfr. Arist., Meteor., 2.365a14-369a10). I sintomi tangibili dello spavento sono il sudore della fronte e lo svenimento, con il quale si chiude il canto; nel primo caso Dante mette in risalto i processi fisiologici che regolano l'emozione della paura (vd. Francesco da Buti, Inf., ad l.: «Quando l'uomo à paura, il sangue corre a soccorrere il cuore e abbandona tutti li altri membri e però diventa pallido: et alcuna volta è la paura sì grande, che li membri abbandonati dal sangue mettono fuori per li pori alcuno licore gelato, che pare sudore»), mentre la perdita dei sensi, oltre ad accentuare la carica drammatica del momento, è un espediente per costruire la prima ellissi narrativa della Commedia, per cui all'inizio di Inf. 4 Dante si risveglia direttamente nel Limbo, senza esplicitare come sia avvenuto il passaggio del fiume Acheronte. I versi richiamano inoltre alcuni passi delle Scritture in cui terremoti e catastrofi naturali segnalavano l'intervento divino, ponendo così l'accento sulla natura sovrannaturale e simbolica del sisma (cfr. Mt., 27, 51; Mt., 28, 2).
Locuz. e fras. Nelle altre due occ. il lemma è collocato all'interno della locuz. pien di spavento, che assume però due sfumature semantiche diverse. A Purg. 12.47 l'espressione è usata in senso agg. e vale 'spaventato', con rif. a Roboamo, figlio e successore di Salomone, collocato tra gli esempi di superbia punita. Nell'ardua costruzione formale che domina il canto (vd. Bosco-Reggio, ad l.), Dante contrae in soli tre versi il contrappasso del personaggio, per cui il temutissimo re di Israele diviene, all'altezza del Purgatorio, vittima di quella stessa paura che era in grado di suscitare nei suoi sudditi (vd. III Rg., 12-14) e la sua figura è ritratta mentre, in preda al terrore, viene trascinata via da un carro nell'indifferenza totale degli altri superbi. A Inf. 9.65 Dante ripropone l'associazione rimica e causale tra spavento e vento, come già a Inf. 3: in questo caso egli annuncia l'arrivo del messo celeste che, col suo frastuono, provoca il tremore di ambedue le rive dello Stige e lo paragona a un fenomeno meteorologico, ovvero all'impeto del vento durante gli uragani estivi, impiegando una descrizione tratta dalle fonti classiche (Verg., Aen., II, 416-419; Verg., Georg., II, 440-444; Stat., Theb., VI, 65; Luc., Phars., I, 389-390). In questo caso, pien di spavento è un compl. di qualità rif. al suono e vale 'spaventoso' (vd. Ageno, Note dantesche, pp. 100-101, e vd. anche fracasso), e indica quindi per meton. la facoltà del messo celeste di suscitare timore, secondo quanto prescritto dall'angelologia mediev. (vd. Francesco da Buti, Inf., ad l.: «Questo dice l'autor per accordarsi con li Teologi, che dicono che quando l'angelo viene, prima dà spavento e poi sicurtà; e lo demonio fa il contrario»).
Autore: Sara Ferrilli.
Data redazione: 29.08.2024.
Data ultima revisione: 19.12.2024.
1 Paura intensa e improvvisa provocata da qsa di inaspettato o da una sensazione di minaccia o di pericolo incombente.
[1] Inf. 3.131: Finito questo, la buia campagna / tremò sì forte, che de lo spavento / la mente di sudore ancor mi bagna.
Pien di spavento: molto spaventato.
[2] Purg. 12.47: O folle Aragne, sì vedea io te / già mezza ragna, trista in su li stracci / de l'opera che mal per te si fé. / O Roboàm,  già non par che minacci / quivi 'l tuo segno; ma pien di spavento / nel porta un carro, sanza ch'altri il cacci.
2 Pien di spavento: che incute molta paura, spaventoso.
[1] Inf. 9.65: E già venìa su per le torbide onde / un fracasso d'un suon, pien di spavento, / per cui tremavano amendue le sponde, / non altrimenti fatto che d'un vento / impetüoso per li avversi ardori, / che fier la selva e sanz' alcun rattento / li rami schianta, abbatte e porta fori; / dinanzi polveroso va superbo, / e fa fuggir le fiere e li pastori.