Prima att. Di etimo discusso, prob. neoformazione da
barca (vd. TLIO s.v.
barca 2), a sua volta dal prelatino *
barrica (LEI s.v. *
bar(r)-/*ber(r)- 'fascio, mucchio, carico', 4, 1492.15). Non convincenti le ipotesi che riconducono il verbo a
imbarcare con cambio di pref. (DELI s.v.; GDLI s.v.) o al mediolatino *
subbrachiare (da
brachium) 'prendere sotto braccio' (DEI s.v.
sobbarcare). Inglese,
ad l., propone dubitativamente l’etimo
sub + braca 'cintura' (da escludere anche perché non vi sono esempi di esiti metatetici nell'amplia documentazione fornita da LEI s.v.
brācae 'calzoni', 6, 1632-1685). Contini,
Un'idea, p. 133, ipotizza una medesima base, il lat.
arcus, per
sobbarcarsi e
sobbarcolarsi. Tali voci risalgono invece a due etimi differenti in LEI: s.v. *
bar(r)-/*ber(r)-, 4, 1496 14-22, per
sobbarcarsi (con att. che, oltre a Dante e a Francesco da Buti, si trovano nell’it. contemporaneo e in alcuni dialetti merid.); s.v.
arculus 'a forma d’arco', 3.1, 926.2-9, per
sobarcolarsi v. rifl. 'sottoporsi, piegarsi, indursi ad affrontare qno' e
sobarcolato agg. 'con le vesti alla cintola per consentirsi i movimenti' (att. in Guido Cavalcanti e in
Fiore 136.10, vd. anche
TLIO s.v.). I commentatori antichi, partendo da etimi diversi, si dividono sull'interpretazione di
sobbarcare (e vd.
ED s.v.). Da una parte
Francesco da Buti intende: «io faccio di me barca, o io mi piego a sopportarlo e a sofferirlo», cui segue Vellutello «Io a tal comune incarco mi sottopongo, e piego»; dall'altra Benvenuto da Imola (
ad l.) glossa: «subarco idem est quod subcingo, idest erigo pannos ad cincturam ut sim expeditior ad aliquid agendum», chiosa che corrisponde al traducente
sobbarcolata dell'agg. lat.
succincta nei volg. trecenteschi di Ovidio,
Met. (cfr. TLIO s.v.
sobbarcolato;
Corpus DiVo). Sulla scia di Benvenuto da Imola, gran parte dell'esegesi moderna (ad es. Chiavacci Leonardi, Inglese, Bellomo-Carrai,
ad l.) intende il verbo in senso propr. 'rimboccarsi le maniche' (Contini,
Un'idea, p. 133) e quindi in senso fig. 'essere pronto ad agire'. Nell'allusivo contesto dantesco, la forma pron., impiegata nell'esclamazione attribuita al popolo fiorentino «I' mi sobbarco!», esprime, piuttosto che la genuina disponibilità a operare per il bene comune, la voglia smodata di incarichi pubblici. Dopo Dante, l'uso verbale ritorna in
Tommaso di Giunta, Conc. Am., in partic. nel sonetto 8.14
Da che Natura ti si chiava e bulla, dove si trova con richiamo dantesco («et di ciò mi sobarco») e in rima con
arco (cfr.
TLIO s.v.; vd. Viel,
«Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 362).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 08.05.2022.