Inf. 18.104: sbuffa Ash Urb - Ed. Crusca Sanguineti.
Prima att. da considerare unitamente alla var.
scuffiare del
Fiore 192.14 (cfr.
Corpus OVI). Voce di etimo incerto, forse connessa a
cuffiare (dal lat.
co[n]flāre 'gonfiare') con aggiunta del pref. intensivo
ex- (cfr. Nocentini e DEI s.v.
scuffiare). La voce ha generato diffrazione sia nell'antica
vulgata sia nei primi esegeti (vd. VARIANTI). La critica moderna, seguendo la lez.
scuffa messa a testo dal Petrocchi
ad l., interpreta per lo più il verbo nel senso di 'soffiare rumorosamente con bocca e narici' (come fa chi mangia con ingordigia). Cfr. ad es. Ghinassi in ED s.v.
idiotismi; Manni,
Dante, p. 112 e il più esauriente commento di Scartazzini-Vandelli
ad l.: «
Scuffiare era ed è nell'uso toscano per 'mangiare rapidamente e con ingordigia'; ma più propriamente dové significare il soffiare rumoroso e affannoso che con la bocca e con le narici fa di necessità chi mangia in tal modo, per respirare. Di certi monaci che mangiano con straordinaria ingordigia, il Pulci (
Morg. I, 67) dice che 'scuffian che parean dell'acqua usciti'. Forse è voce onomatopeica; e bene si conviene ai peccatori che, sommersi (v. 116) nello sterco, sollevano tuttavia tratto tratto il capo, e allora
scuffiano col muso (non
colla bocca, che più si adatterebbe allo
sbuffare), come appunto chi esce di sotto l'acqua». Partendo da questo signif. si spiega l’accezione oscena del
Fiore («Che mol[t]o tosto s’apacificava / Comeco, sì battuta no⸱m’avea, / Chè troppo dolzemente mi scuf[f]iava»), per la quale cfr. Formisano,
Fiore, p. 292.
Varianti. Fra le var. assume rilievo
sbuffare (
sbuffa), tramandata dai mss. Ash e Urb. Come osserva Petrocchi
ad l., è anch'essa voce rara, rispetto alla quale
scuffare è però «verbo di più pungente realismo, ed è certamente
lectio difficilior». Sempre secondo Petrocchi
sbuffa «può esser nato quale correzione di
stuffa [lez. di Co], come è sembrato al Vandelli, ma può anch’essersi prodotto indipendentemente».
Sbuffa è accolto da molti commentatori antichi a partire da Benvenuto da Imola, il quale ricollega il verbo e il sost.
muso, che conferisce una sfumatura bestiale agli adulatori puniti in quella bolgia, al gesto tipico del maiale, che soffia dalle narici mentre è immerso nel fango («
e che sbuffa col muso, sicut facit porcus in coeno, et bene dicit, quia vitium adulationis stat in labiis»). In epoche più recenti la var.
sbuffa è stata messa a testo sia nell'Ed. Aldina e nell'Ed. Crusca (di conseguenza, Crusca (1-4) registra il passo di
Inf. 18.104 s.v.
sbuffare) sia da Sanguineti (perché è lez. di Urb). Per la lez. alternativa
sbuffa cfr. anche
bufera (in NOTA). Si segnala anche la lez.
atuffa di Ham, riconducibile ad
attuffare (vd.) usato sia in senso trans. sia in senso pron.
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 09.02.2022.
Data ultima revisione: 06.05.2022.