Prima att. Il vocabolo, assai raro in it. antico, è un
latinismo da
plaustrum (DEI e DELI 2 s.v.), parola viva in tutta la latinità (cfr. DMLBS, TLL e Du Cange s.v.
plaustrum). In epoca romana, il
plaustrum (o
plostrum) era un carro agricolo pesante, a due o a quattro ruote (
plaustrum maius), dotato di timone e giogo, trainato da animali da soma, normalmente utilizzato per il trasporto di derrate e merci, o uno dei tipi di carro utilizzati dalle Vestali (cfr.
Enciclopedia italiana s.v.
plaustro; Smith e TLL s.v.
plaustrum). Il vocabolo è ben diffuso in molti poeti classici, tra cui spicca Virgilio (
Aen., XI, 138, e soprattutto
Georg., I, 163; II, 266 e 444 ecc.), e nei testi cristiani, a partire dalla
Bibbia (
Gn., 45, 19, 21 e 27;
Num., 7, 3 e 6-8 ecc.). Dante utilizza
plaustro con il signif. di 'carro a due ruote a trazione animale' (vd. anche
carro), ad indicare il mezzo trainato dal grifone, dal quale Beatrice appare nel Paradiso terrestre (
Purg. 30.28-33), e che altrove viene nominato anche con i latinismi
basterna (vd.) e
veiculo (vd.). Tale valore di
plaustro è in linea anche con ciò che si deduce dai maggiori lessici mediolatini, come per es. Isidoro (
Etimol., XX.12.3): «plaustrum vehiculum duarum rotarum quo onera deferuntur: et dictum plaustrum, quia volvitur, quasi diceret pilastrum» (una glossa assai simile anche in Cecchini,
Uguccione, P 87, 30). D'altro canto, anche nei volgarizzamenti dai classici,
plaustrum era normalmente tradotto «carro» (cfr.
Corpus CLaVo e
Corpus DiVo), e allo stesso modo viene glossato nei commentatori antichi (per es., Iacomo della Lana o Benvenuto da Imola).
Plaustro, dopo Dante, quando ricorre in un componimento poetico, è in rima con
claustro (vd.), come accade nella
Commedia (cfr. TLIO s.v.
plaustro).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 29.04.2020.
Data ultima revisione: 30.06.2020.