Latinismo da
appetibilis 'desiderabile' (LEI s.v., 3, 19.254), att. nel lat. classico e mediev. (cfr. TLL, s.v., 2.280.21; Lewis-Short; OLD; DMLBS, s.v.), è termine di matrice aristotelica mutuato dal lessico della scolastica (per l'uso tomistico, in partic., cfr. Tommaso,
Lexicon, s.v.
appetibilis, -e; Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 406-407). L'unica altra occ. del termine come sost., che potrebbe mettere in discussione la primazia dantesca, è nelle coeve
Chiose Sfera, datate post 1314, in contesto filosofico a indicare «ciò che suscita il desiderio, oggetto verso cui si tende naturalmente come a un fine (generando il movimento dei pianeti)» (vd.
TLIO s.v.). L'uso agg. è posteriore (att. dal XVI sec., vd. GDLI s.v.). Si segnala la var.
partibili, recata solo da Po e non altrimenti att. in Dante, da considerarsi lezione erronea e dettata da difficoltà di comprensione.
Locuz. e fras. A
Purg. 18.57, parallelamente a «prime notizie» (v. 56), ricorre l'espressione
primi appetibili nel discorso con cui Virgilio chiarisce che l'uomo non sa da dove venga la conoscenza «dei principi primi sui cui si fonda la ragione e la logica» e il desiderio di «quelle prime realtà a cui l’uomo tende per natura: il bene, il vero, la felicità» perché in lui sono innati «come nell’ape l’inclinazione a fare il miele» (Chiavacci Leonardi,
ad l.). Affinché a questa «prima voglia» (v. 59) si adeguino desideri secondari «innata v’è la virtù che consiglia» (v. 62), ovvero il libero arbitrio, tema centrale del canto (cfr. Azzetta,
«Fervore aguto», p. 254; e vd. anche
Conv. 4.3.2: «E per la quinta e ultima natura, cioè vera umana [...] ha l’uomo amore alla veritade e alla vertude»). Nella speculazione tomistica, quando si chiarisce che «quia quidquid homo appetit, appetit sub ratione boni», compare la locuz. «primum appetibile», la quale fa rif. a ciò che l’uomo desidera come «bonum perfectum»; seguono i «secunda appetibilia», non in prima istanza indirizzati al bene perfetto, ma comunque a esso tendenti e per questo compresi «sub bono completo et perfecto, quod est ultimus finis» (cfr. Tommaso,
S. Th., I-II, q. 1, a. 6). In genere i commentatori antichi comprendono la pertinenza filosofica dell'espressione; si veda in partic.
Francesco da Buti, che glossa «primo appetibile» con «sommo bene ch'è Iddio» (
ad l.).
Autore: Valentina Iosco.
Data redazione: 12.02.2025.
Data ultima revisione: 24.03.2025.