Dal lat. tardo
pastura (DELI 2 s.v.
pastura), il sost. ricorre nella
Commedia sempre in posizione di rima. Con il signif. (
1) di 'nutrimento animale', già att. nei testi delle Origini (cfr. TLIO s.v.
pastura 2), il sost. ricorre all'interno di una similitudine in
Par. 5.102, a indicare la fonte di nutrimento dei pesci. Il sost. occorre nella locuz.
avere in pastura, att. solo nella
Commedia in
Purg. 14.42 (cfr.
Corpus OVI): il signif. dell'espressione, per buona parte della critica, è riconducibile al mito omerico di Circe, già in
Aen. VII 10-20, ma ripreso in Dante da Boezio «dove è addotto lo stesso significato morale che ha in queto verso "colui che spogliatosi dell'onestà, cessa di essere uomo... si trasforma in bestia" (
Cons. IV, III 21, luogo citato in
Conv. II, VII 4.)» (Chiavacci Leonardi,
ad l.), ed indica quindi il nutrimento dato a quegli animali che si tengono in custodia (cfr. TLIO s.v.
pastura 2.1). Al signif.
2, ancora in similitudine, il sost. precisa l'atto del nutrirsi, sempre rif. a un animale: in
Purg. 2.125 allude al pasto dei colombi, in
Par. 18.74 a quello delle gru. Si isola infine il signif. metaf. (signif.
3) att. per la prima volta in
Par. 21.19 e in
Par. 27.91 (cfr. TLIO s.v.
pastura 2.3.2), che esprime, con rif. fortemente corporeo, l'intensità del piacere provato alla visione di Beatrice, il cui volto è
pastura che attrae più di ogni altra cosa.
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 30.11.2021.
Data ultima revisione: 02.07.2022.