Vocabolario Dantesco
ipocresia s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Altre opere1 (1 Fiore).
Commedia ipocresia Inf. 11.58.
Altre opere Ipocresia Fiore 80.6 (:).
Deriva dal gr. hypokrisie hypocrisis ‘simulazione’, attraverso il lat. hypocrisia (DELI 2 s.v. ipo-). La forma con e protonica, pur non condivisa da numerosi codici, predomina nei testi del Corpus OVI, ed è prob. dovuta a dissimilazione (vd. Segre in Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, p. 47 nota 3; vd. anche idropesì). Presente nelle personificazioni del Fiore 80.6 (dove Ipocresia è la madre di Falsembiante), il sost. identifica nella Commedia il peccato punito nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio, ovvero per meton. gli ipocriti che lì si trovano. Per il nesso che lega la pena inflitta loro alla paretimologia del termine vd. ipocrita, voce a cui si rimanda anche per l’interpretazione dantesca dell’ipocrisia-simulatio come peccato tipico dei religiosi, sulla scia della tradizione scritturale e tomistica. Nell’esegesi di Inf. 11.58, i commentatori per lo più interpretano generic. l’ipocrisia come ‘simulazione’, mentre le Chiose Selmiane («ipocresia [[...]] rende più in vanagloria che in offensione») e Francesco da Buti (che nel commentare il vizio di superbia annovera l'ipocresia tra le sue «figliuole») si dimostrano debitrici di una tradiz. risalente a Gregorio, Moralia, XV, VI, 7, in cui «l’ipocrisia entra tra le filiazioni della superbia o della vanagloria» (Casagrande, Vecchio, I sette vizi, p. 21), come altrove att. nei testi del Due e Trecento (per es. in Bono Giamboni, Vizi e Virtudi: vd. TLIO s.v. ipocrisia).
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 10.10.2017.
Data ultima revisione: 04.05.2018.
1 Peccato di chi simula virtù (in partic. religiose) o qualità morali (meton.: i dannati per tale peccato).
[1] Inf. 11.58: onde nel cerchio secondo s'annida / ipocresia, lusinghe e chi affattura, / falsità, ladroneccio e simonia, / ruffian, baratti e simile lordura.