Commedia |
crastino Par. 20.54. |
Fare crastino dell'odierno 1.
Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. Dal
lat. crastinus, da
cras 'domani' (DEI s.v.
cràstino), «ben diffuso in mediolatino, e non sconosciuto anche in àmbito galloromanzo (a. fr.
crastin 'lendemain' o 'lendemain de fête où se tient une foire')» (Viel,
«Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 58). Come si evince dal
Corpus CLaVO, nei volgarizzamenti il lat.
crastinum è reso con 'domani', 'di domani', 'tempo che è a venire'. L'agg.
crastino, facendo eccezione per i commentatori, è scarsamente att. dopo l'uso dantesco: si ritrova per primo in Pallavicino,
Istoria del concilio di Trento, nelle espressioni 'dì crastino', 'crastina solennità' (cfr. TB e GDLI s.v.
crastino).
Locuz. e fras. Con l'espressione
fare crastino dell'odierno si intende 'rimandare a domani (al futuro) ciò che è di oggi (del presente)': in partic. il contesto di
Par. 20.54, a partire dal personaggio biblico Ezechia, il quale ottenne di ritardare la morte per poter espiare i propri peccati, fa rif. alle preghiere dei giusti circa la possibilità di rimandare il tempo stabilito per un evento senza che cambi la sostanza del giudizio divino (cfr. a questo proposito almeno Chiavacci Leonardi
ad l.; Picone,
La "viva speranza" di Dante e Serianni,
Par. XX). Mattalia (
ad l.) spiega che
crastino «è rimasto in "procrastinare". Oggi e domani hanno qui valore generico, significando semplicemente spostamento di date». V. anche
odierno.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 17.06.2019.
Data ultima revisione: 04.11.2019.