Commedia |
conocchia Purg. 21.26 (:). |
Trarre la conocchia 1.
Dal lat. tardo
conuc(u)la, per dissimilazione di
colucula (lat.
colus 'conocchia'; cfr. Nocentini s.v.
conocchia). I commentatori individuano pressoché concordemente l'accezione qui segnalata, mettendo in relazione il termine con altri tecnicismi tessili, quali «pennecchio» (
Francesco da Buti), «roccata» (
Iacomo della Lana e
Francesco da Buti) e «rocca», proposto come sinonimo nelle
Chiose ambrosiane («conocchia: scilicet rocca»). La fiorentinità del termine è messa in rilievo da Pietro Alighieri (terza red.): «collum deferre et in eo ponere debitam quantitatem lini, que Florentie dicitur 'conocchia'». Il tema della filatura, in senso proprio e come emblema delle virtù femminili di una perduta Firenze «sobria e pudica», ritornerà in
Par. 15.115-117 e 124-126: «e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio / esser contenti a la pelle scoperta, / e le sue donne al fuso e al pennecchio [...] l'altra traendo a la rocca la chioma, / favoleggiava con la sua famiglia / d'i Troian, di Fiesole e di Roma». Qui, col medesimo signif. di
conocchia, ricorrono i tecnicismi
pennecchio (vd.) e
chioma (vd.). Il contesto fig. in cui ricorre il lemma in esame si fonda sul mito delle Parche, con rif. alla durata della vita: stabilita da Cloto come materia grezza (la
conocchia) e quindi svolta fino all'esaurimento da Lachesi («lei che dì e notte fila»).
Locuz. e fras. La locuz. verb. formata con
trarre (vd.) è presente, con lo stesso signif., anche nel passo di
Par. 15.124 «traendo ala rocca la chioma» dove
chioma (vd.) è impiegato figuratamente come sinon. di
conocchia.
Autore: Veronica Ricotta.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 02.03.2020.