Latinismo da
civis 'membro libero di una città, alla quale appartiene per origine o adozione' (DELI 2 s.v.
cive; cfr. TLL s.v.
civis, 3, 1220.75; Ernout-Meillet s.v.), il sost. risulterebbe att. in volg. dal 1267 nella
Sovrana ballata piacente (=
Poes. an. tosc. > ven., cfr. TLIO s.v.
cive), ma nasce da un emendamento dell'editore Di Benedetto, ZRPh 72, p. 208. Il più recente editore della ballata (Larson,
PSs 3, p. 1142, v. 19, mette a testo
sia in luogo di
cive:
zascun sia in alegranza, a partire da «un'ormai svanita
s iniziale» del ms., giudicando «improbabile» l'emendamento
cive di Di Benedetto (
PSs 3, p. 1344). Se si accetta l'ipotesi di Larson (senz'altro preferibile), quella dantesca diventa la prima att. volg. del raro latinismo (cfr. Coluccia,
Lavorando, pp. 216-217). Nella
Commedia il vocabolo, minoritario rispetto al più diffuso
cittadino (vd.), ricorre tre volte, sempre in rima, col signif. gen. di 'abitante di un luogo'. In
Purg. 32.101 il luogo si identifica con Roma celeste, «in omaggio alla sede dell'Impero e del Papato» (Inglese,
ad l.),
onde Cristo è romano (v. 102), «per cui anche Cristo è cittadino romano» (Bellomo-Carrai,
ad l.): lì Dante è destinato a vivere per l'eternità (profezia della salvezza dell'anima di Dante). In
Par. 24.43 il luogo si identifica col regno di Dio, popolato dai beati. L'occ. di
Par. 8.116 indica, in una dimensione terrena, l'appartenente a una società umana civilmente organizzata in quanto partecipe della vita cittadina, secondo il senso aristotelico di «homo natura civile animal est» (
Pol. I.1.2).
Francesco da Buti, sulla scia di Isidoro,
Orig., IX.4.2 («quod in unum coeuntes vivant»), spiega che «Cive è vocabulo di Grammatica che viene a dire cittadino, e tanto viene a dire in quanto convivente, cioè insieme vivente:
civis si dice da
con e
vivo,
vivis, cioè,
convivens [...] cioè che stia nella città cogli altri a vivere insieme»; Landino,
ad l., chiosa: «cive, idest che viva in compagnia et non in vita solitaria». Dopo Dante, il cultismo resta d'uso raro nella lingua dei primi secoli: oltre che nei commentatori, si trova in
Ristoro Canigiani col senso di 'concittadino' (cfr.
TLIO s.v.). Nei volgarizzamenti due-trecenteschi il sost. lat. risulta tradotto costantemente con
cittadino (cfr.
Corpus CLaVo).
Civis ricorre più volte nella prosa lat. dantesca: vd.
De Vulg. 1.6.3, 1.11.6, 1.15.3, 1.16.3;
Mon. 1.12.10-11.
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 28.03.2025.