Commedia |
caliga Par. 8.67 (:). |
Prima att.
Latinismo da
caligare (LEI s.v., 9, 1401.21), che vale propr. 'essere avvolto e offuscato da fumi' (vd. TLL s.v.
caligo, 3, 156.60). Il v., di derivazione virgiliana («quae nunc [[...]] umida circum caligat, nubem eripiam»,
Aen. 2, 604-605), è att. nel poema un'unica volta, con valore assol. In partic., il raro cultismo è impiegato da Dante con rif. alla Sicilia (la «bella Trinacria», v. 67), rappresentata – quasi «in un'aura favolosa» (Chiavacci Leonardi,
ad l.) – come avvolta dai fumi dell'Etna che si orginano «non per Tifeo ma per nascente solfo» (v. 70). I commentatori rendono il
caliga dantesco per lo più con 'fuma' (es. Iacomo della Lana,
ad l.) o 'si oscura' (es. Benvenuto da Imola,
ad l.: «obscuratur fumo AEtnae, et forte aliquando non fumabit»).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 13.10.2020.
Data ultima revisione: 02.11.2020.