Nella
Commedia forato, part. passato di
forare (vd.), quando è utilizzato in funz. di agg., ricorre sempre con il signif. di 'ferito' o 'passato da parte a parte' e si riferisce al corpo di una persona o a una sua parte; tale accezione è direttamente corrispondente al signif.
2 del verbo
forare (vd.). A ciò si aggiunga che
forato indica sempre il risultato di un'azione violenta compiuta con un'arma da taglio o con un oggetto acuminato. Lo strumento con cui si ferisce, tuttavia, può essere implicito nelle immagini descritte (si pensi alle battaglie rammentate a
Inf. 28.7-18 e
Purg. 5.92) o esplicitato nel testo (per
Inf. 28.64, il «taglio della spada» del v. 38, con cui un demone strazia i dannati della nona bolgia). Inoltre, come mostra Ageno (in ED,
Appendice, s.v.
verbo,
§ Participio passato, § 8, p. 311 e § 9, p. 312),
forato ricorre in funzione logica o di compl. predicativo del soggetto in dipendenza da un verbo di moto (
arrivare) o di compl. predicativo dell'ogg. in dipendenza da verbo trans. (
avere e
mostrare), spesso in parallello con altri agg. (vd.
mozzo e
tronco). In
Inf. 28 il ricorso all'agg.
forato si inserisce nel più ampio uso, all'interno del canto, di vocaboli appartenenti all'àmbito del 'rompere/troncare', dell''aprire' o del 'ferire/dividere' (vd., per es.,
moncherino,
partire,
pertugiare,
rompere ecc.). In
Purg. 5, in cui Dante tratta dei morti di morte violenta pentitisi
in extremis, l'agg., rif. a Bonconte da Montefeltro, richiama i «profondi fori» (
Purg. 5.73: vd.
fóro, §
2) di Jacopo del Cassero. Dal contesto si può evincere anche la gravità delle ferite dei due personaggi: prob., per Jacopo i «profondi fori» non furono la diretta causa di morte, mentre per Bonconte, la ferita nella gola lo fu (per un approfondimento, anche in merito al lessico medico dei passi cit., vd. Bartoli-Ureni,
La morte cruenta, in partic. pp. 19-26).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 29.02.2020.
Data ultima revisione: 30.06.2020.