Commedia |
squama Purg. 23.39 (:). |
La
squama in it. antico è principalmente ‘ciascuna delle lamelle tegumentarie che rivestono soprattutto rettili o pesci’ e la ‘scaglia di dimensioni variabili che si stacca dalla superficie cutanea, crosta’ (cfr. TLIO s.v.
squama). In
Eg. 4.23 Dante si serve del lat.
squama, con rif. al serpente che spazza la sabbia del deserto libico («quod squama verrat arenas»). A
Purg. 23.39, invece, utilizza l’espressione
trista squama per indicare la pelle dei golosi, rinsecchita ed emaciata al punto che l'«asciutta scabbia / [...]
li scolora» (vv. 49-50; vd.
scabbia). Dante, dunque, utilizza
squama in maniera estens., con il senso di ‘pelle scagliosa’, forse con l’intenzione di evocare fin da subito anche la ruvidità e il colore livido propri delle
squame di un rettile o di un pesce. D'altra parte, i termini
squama e
scabies sono già accostati nei lessici mediev., in quanto fatti derivare da
scabo ‘grattare’ (vd. Cecchini,
Uguccione, S 223, 1, 8 e 9)
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 03.10.2018.
Data ultima revisione: 21.03.2024.