Commedia |
3 (1 Inf., 2 Par.). |
Commedia |
oncia Inf. 30.83 (:), Par. 9.57, 9.57 (:). |
Altre opere |
oncia Rime d. 16.2 (:).
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A oncia a oncia 2.
Propr. 'dodicesima parte di un tutto', già in lat. il termine poteva indicare un'unità monetaria, una misura minima di peso o un'unità di lunghezza (cfr. Du Cange s.v.
uncia). In volg.
oncia è att. sin dal terzo decennio del XIII sec. (cfr.
Corpus OVI). Nella poesia dantesca il sost. è impiegato in entrambe le accezioni metrologiche; più precisamente, si richiama a quella lineare di 'un dodicesimo di piede' l'occ. di
Inf. 30.83, che precisa in termini iperbolici lo smisurato desiderio di vendetta di Maestro Adamo (cfr. Benvenuto da Imola,
ad l.: «nam uncia Florentiae appellatur latitudo digiti grossi, ita quod in effectu iste vult dicere: si ego possem in spatio centum annorum ire tantum terrae, quanta est latitudo unius digiti, ego essem in via ad quaerendum ipsum»). Col valore di misura di lunghezza – altrettanto lontano da un'estensione spaziale 'reale' –
oncia ricorre anche nel componimento dubbio
De' tuoi begli occhi un molto acuto strale (v. 2). Fa invece rif. all'unità di peso ('un dodicesimo di libbra') la duplice att. di
Par. 9.57, che, in combinazione col sost.
bigoncia (vd.), proietta le parole di Cunizza in una dimensione di violento realismo.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 25.09.2017.
Data ultima revisione: 14.05.2018.