Dal lat.
nauclerus, a sua volta dal gr. ναύκληρος (DELI 2 s.v.
nocchiere),
nocchiero (anche nella forma
nocchiere, anch'essa att. sin dal Duecento, vd. TLIO s.v.
nocchiero) ricorre nella
Commedia e nel
Convivio con il signif. di 'chi guida un'imbarcazione'. Le occ. della
Commedia sono rif. in partic. all'angelo traghettatore, il primo angelo del Purgatorio, che guida il «vasello snelletto e leggero» a
Purg. 2.43, a Caronte a
Inf. 3.98, a Flegiàs a
Inf. 8.80. Il sost. ricorre infine in due celebri metafore: la prima, a
Purg. 6.77, è la metafora topica dello stato come nave, che si ritrova anche in
Conv. 4.4.5-6 («e questo è lo nocchiero, alla cui voce tutti obedire deono. [...] Per che manifestamente vedere si può che a perfezione della universale religione della umana spezie conviene essere uno, quasi nocchiero...») e in
Epistole, 6, 3 («quod, solio augustali vacanti, totus orbis exorbitat, quod nauclerus et remiges in navicula Petri dormitant, et quod Ytalia misera, sola, provatis arbitriis deìrelicta omnique publico moderamine destituta, quanta ventorum fluentorumve concussione feratur verba non caperent...») e che rientra nell'ampio ricorso dantesco a metafore nautiche e marittime. La seconda metafora è quella di
Par. 23.69, che riprende l'immagine, già all'inizio della cantica (
Par. 2.1-9), dell'opera poetica come viaggio per mare. Per entrambi gli usi vd.
mare e relativa Nota.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 21.07.2020.