Vocabolario Dantesco
mezzule s.m.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia mezzul Inf. 28.22.
Inf. 28.22: meççan Ham.
Prima att. Parte di una serie lessicale di stampo realistico-popolare (vd. veggia, lulla), il sost. è funzionale alla svilente reificazione del dannato, degradato a una botte sfondata da cui pendono le minugia (Inf. 28.25): la stessa sintassi della similitudine, «costituita da membri slegati al limite delle possibilità concesse all’ordo verborum» (Volpi, Inf. XXVIII, p. 9), sembra subire gli effetti della pena inflitta ai seminatori di discordie. Come gli altri termini chiamati a costruire la stessa immagine, mezzule costituisce con ogni probabilità un tecnicismo di area tosc. e fior. in partic. (cfr. Manni, Dante, pp. 111-112). A conferma dell’uso limitato del termine a livello settoriale e diatopico, si segnala che la voce è att. successivamente nella Pratica del vino, testo fior. del 1342/48 (cfr. TLIO s.v. mezzule).
Varianti.  L'idiotismo non è compreso da Ham, ms. non fior., che reca meççan: una lez. che risulta tuttavia banalizzante, indebolita anche dall’assenza di ulteriori riscontri dell'agg. sost. mezzano nella lingua antica nella partic. accezione indicata.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 04.07.2018.
Data ultima revisione: 21.12.2018.
1 Doga mediana del fondo della botte.
[1] Inf. 28.22: Già veggia, per mezzul perdere o lulla, / com' io vidi un, così non si pertugia, / rotto dal mento infin dove si trulla. ||  meççan Ham.