Commedia |
manse Purg. 27.76 (:). |
Prima att. Dal lat. volg.
*mansum, tratto da
mansuetus (Nocentini s.v.
manso).
Latinismo att. per la prima volta nella
Commedia, l'agg. è rarissimo negli antichi testi in volg., che gli preferiscono il più comune
mansueto (cfr. TLIO s.v.
manso e
mansueto). Con quest'ultimo termine, infatti, l'es. dantesco è glossato da molti commentatori (cfr. ad es.
Francesco da Buti, Purg.,
ad l.). In rima con un altro latinismo («pranse» al v. 78), la voce figura una sola volta nel poema, a
Purg. 27.76, in una similitudine rif. alle capre. Dante si attiene qui al signif. dell'agg. lat., propr. detto di un animale feroce che è stato 'domato' o di un animale selvatico 'addomesticato' (cfr. TLL s.v.
mansues, 8, 327, 31-47). Nel contesto dantesco, infatti, l'agg. non indica tanto la natura 'mite, docile' delle bestie, ma descrive lo stato in cui esse si trovano al calare della sera, quando, «state rapide e proterve» (v. 77) durante il giorno, perdono la loro irrequietezza e sono 'ammansite' dal fatto di avere pranzato.
Autore: Irene Angelini.
Data redazione: 05.12.2023.
Data ultima revisione: 25.03.2024.