Commedia |
illustra Par. 4.125 (:); illustrami Par. 18.85 (:). |
Altre opere |
illustrato Conv. 2.15.5.
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Dal lat.
illustrare (DELI 2 s.v.
illustrare), il verbo è att. sin dalla fine del Duecento col signif. di 'inondare di luce e di splendore, rendere luminoso, rischiarare (con rif. al sole e ai suoi raggi)' (con questo signif. si trova anche a
Conv. 2.15.5; vd. TLIO s.v.
illustrare). Nella
Commedia,
illustrare ricorre esclusivamente nella terza cantica, in relaz. alla tematica della
luce (vd.) che domina il
Paradiso e ne plasma potentemente il lessico. A
Par. 4.125 è infatti rif. alla luce della Verità di Dio che sola può placare la sete dell'intelletto umano («'l ver [...] di fuor dal qual nessun vero si spazia»). La seconda occ. del verbo, invece, presenta un'ulteriore sfumatura semantica dell'accez. divina e ha il signif. fig. di 'illuminare, ispirare (qno)': Dante si rivolge infatti alla «diva Pegasëa», alla Musa, affinché lo aiuti nell'alta impresa di rappresentare le parole che lesse nel cielo («cioè illumina me Dante, di te; cioè di te sapienzia», glossa
Francesco da Buti,
ad l.). Spiega Chiavacci Leonardi,
ad l., che «con questi due versi commossi Dante celebra la forza della poesia nella quale egli vedeva, come già gli antichi, qualcosa di divino».
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 11.12.2021.