Gallicismo. Sebbene non si possa escludere una prima introduzione del sost. dal
germ. *
fehu o dal gt.
faihu, tuttavia «è necessario postulare un successivo mediatore galloromanzo [[...]] sia per ragioni semantiche, sia fonetiche» (Viel,
I gallicismi, p. 67; cfr. anche FEW s.v. *
fehu, 15/2, 117a).
Locuz. e fras. Come provato da Castellani,
Pagare il fio, il sost. è tecnicismo giuridico diffuso dal Duecento in testi volg. e lat. (nel corrispondente
feudum). Oltre al senso originario di ‘feudo’ o ‘rapporto feudale’, il signif. di
fio comprende tanto l’accezione di ‘salario’ che quella inversa di ‘tributo’ (a seconda della «direzione in cui avviene il pagamento feudale»): per le att. cfr. lo stesso Castellani,
Pagare il fio, e TLIO, s.v.
fio 1. Di conseguenza, i due passi danteschi «debbono essere interpretati così: ‘il fosso in cui si paga il salario ai seminatori di discordie, si dà loro quel che hanno meritato’, e ‘qui si paga il salario (cioè, la giustizia divina paga il salario) di tal superbia’» (pp. 33-34). La lettura, che è già nei commentatori (per es. Guido da Pisa, Benvenuto da Imola,
Francesco da Buti), è recepita dall’ED e dai commenti moderni. Quanto all’attuale signif. di
pagare il fio ‘scontare la pena’, esso deriva per Castellani dal mutamento semantico che interessa il sost. e la relativa locuz. dalla fine del Trecento, quando l’accezione ‘salario’ retrocede a favore di quella inversa ‘tributo’: da qui «la tendenza a interpretare anche la frase di Dante come ‘pagare il debito’. E siccome il signore riceve (e non dà) il tributo, s’è inteso che fossero i peccatori a pagare il fio alla giustizia divina e non viceversa» (p. 39).
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 27.04.2017.
Data ultima revisione: 15.05.2018.