Vocabolario Dantesco
deludere v.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia delusa Par. 9.100 (:).
Prima att. Latinismo semantico da deludere (DELI 2 s.v.), att. nel lat. classico con lo stesso signif. di decipere e 'prendersi gioco di qno' (vd. TLL s.v. deludo, 5,1, 473.5), mentre in Uguccione da Pisa sta per 'deridere' (cfr. Cecchini, Uguccione, L 104, 12 «deludo -is, idest deridere»; per ulteriori riscontri nel mediolatino cfr. Viel, «Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 240). Dal Corpus CLaVo risulta che il lat. deludere è stato tradotto dai volgarizzatori due-trecenteschi per lo più con beffare, ingannareschernire e col meno comune gabbare. Con il senso di 'trarre in inganno' è da intendere il cultismo dantesco, usato nel riecheggiamento ovidiano (Her. II) in rif. a Fillide (Rodopëa) che è ingannata da Demofoonte. Così già interpretano i commentatori antichi: Benvenuto da Imola con «fefellit fidem datam»; meno preciso Francesco da Buti con «schernita», ad l. Il verbo ritorna dopo Dante, con la stessa accezione, in alcuni testi volgarizzati della prima metà del Trecento e col signif. di 'cancellare' solo in Sacchetti, Rime (cfr. TLIO s.v. deludere). Si deve prob. a Dante l'introduzione in it. del latinismo deludere, che resta tuttavia relegato all'uso letterario (vd. GRADIT s.v. deludere, cfr. inoltre Burgassi-Guadagnini, La tradizione delle parole, p. 178).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 19.03.2021.
1 Trarre in inganno con astuzia.
[1] Par. 9.100: né quella Rodopëa che delusa / fu da Demofoonte...