Vocabolario Dantesco
cupidigia s.f.
Commedia 5 (1 Inf., 1 Purg., 3 Par.).
Commedia cupidigia Inf. 12.49, Purg. 6.104, Par. 5.79, 27.121, 30.139.
Il termine cupidigia assume, all'epoca di Dante e in Dante stesso, una pregnanza semantica oggi perduta. Come spiega Placella (L'archetipo del puer, p. 315 n), «più che una semplice oscillazione tra gli odierni "cupidigia" e "tirchieria", esso racchiude spesso entrambi i concetti», assecondando la definizione dell'avarizia data da Aristotele nel quarto libro dell'Etica Nicomachea e accolta dalla dottrina tomistica («quia vero avaritia est superfluus amor habendi divitias, in duobus excedit; primo enim superabundat in retinendo [...], secundo ad avarizia pertinet superabundare in accipiendo», San Tommaso, Summa theologiae, 1, II, II, 118). A differenza del latinismo cupidità (vd.), ben att. nel Conviviocupidigia ricorre esclusivamente nella Commedia, dove esprime un intenso, sfrenato desiderio, che acceca gli uomini, sommergendoli («che i mortali affonde sì sotto te, che nessuno ha podere di trarre li occhi fuor delle tue onde», afferma Beatrice a Par. 27.121-123). La cupidigia è definita infatti «cieca» in due luoghi del poema: a Inf. 12.49, la «cieca cupidigia» e l'«ira folle» rappresentano «appetito concupiscibile e appetito irascibile, le due "vires" dell'appetitus sensitivus» (cfr. Inglese, ad l., che richiama Tommaso, Sent. Ethic. II 5, comm. a 1105 b 21); a Par. 30.139, Beatrice spiega che la «cieca cupidigia» ammalia gli uomini, toglie loro il senno. La «mala cupidigia» di Par. 5.79 è l'avidità del clero, che induce il popolo a fare voti per ottenere guadagni (cfr. Chiavacci Leonardi, ad l., che segue l'interpretazione già di Pietro di Dante; Inglese interpreta invece diversamente, glossando «mala cupidigia» come 'perverso desiderio', che spinge a voti irragionevoli e inopportuni). È infine circoscritta a interessi politici a Purg. 6.104, dove la cupidigia è la brama di accrescere potere e ricchezza (la brama «di costà», cioè degli interessi di Germania, perseguita da Alberto I d'Austria e dal padre di costui, Rodolfo d'Asburgo). Per approfondimenti sulla concezione dantesca della cupidigia, prima causa del traviamento morale dell'umanità (di cui è ritenuta emblema la lupa di Inf. 1.49), cfr. Palumbo, Obstinata cupiditas.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.09.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.
1 Desiderio intenso e sfrenato; avidità.
[1] Inf. 12.49: Oh cieca cupidigia e ira folle, / che sì ci sproni ne la vita corta, / e ne l'etterna poi sì mal c'immolle!
[2] Purg. 6.104: Ch'avete tu e 'l tuo padre sofferto, / per cupidigia di costà distretti, / che 'l giardin de lo 'mperio sia diserto.
[3] Par. 5.79: Se mala cupidigia altro vi grida, / uomini siate, e non pecore matte, / sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!
[4] Par. 27.121: Oh cupidigia, che i mortali affonde / sì sotto te, che nessuno ha podere / di trarre li occhi fuor de le tue onde!
[5] Par. 30.139: La cieca cupidigia che v'ammalia / simili fatti v'ha al fantolino / che muor per fame e caccia via la balia.