Il termine
cupidigia assume, all'epoca di Dante e in Dante stesso, una pregnanza semantica oggi perduta. Come spiega Placella (
L'archetipo del puer, p. 315 n), «più che una semplice oscillazione tra gli odierni "cupidigia" e "tirchieria", esso racchiude spesso entrambi i concetti», assecondando la definizione dell'avarizia data da Aristotele nel quarto libro dell'
Etica Nicomachea e accolta dalla dottrina tomistica («quia vero avaritia est superfluus amor habendi divitias, in duobus excedit; primo enim superabundat in retinendo [...], secundo ad avarizia pertinet superabundare in accipiendo», San Tommaso,
Summa theologiae, 1, II, II, 118). A differenza del latinismo
cupidità (vd.), ben att. nel
Convivio,
cupidigia ricorre esclusivamente nella
Commedia, dove esprime un intenso, sfrenato desiderio, che acceca gli uomini, sommergendoli («che i mortali affonde sì sotto te, che nessuno ha podere di trarre li occhi fuor delle tue onde», afferma Beatrice a
Par. 27.121-123). La
cupidigia è definita infatti «cieca» in due luoghi del poema: a
Inf. 12.49, la «cieca cupidigia» e l'«ira folle» rappresentano «appetito concupiscibile e appetito irascibile, le due "vires" dell'appetitus sensitivus» (cfr. Inglese,
ad l., che richiama Tommaso,
Sent. Ethic. II 5, comm. a 1105 b 21); a
Par. 30.139, Beatrice spiega che la «cieca cupidigia» ammalia gli uomini, toglie loro il senno. La «mala cupidigia» di
Par. 5.79 è l'avidità del clero, che induce il popolo a fare voti per ottenere guadagni (cfr. Chiavacci Leonardi,
ad l., che segue l'interpretazione già di Pietro di Dante; Inglese interpreta invece diversamente, glossando «mala cupidigia» come 'perverso desiderio', che spinge a voti irragionevoli e inopportuni). È infine circoscritta a interessi politici a
Purg. 6.104, dove la
cupidigia è la brama di accrescere potere e ricchezza (la brama «di costà», cioè degli interessi di Germania, perseguita da Alberto I d'Austria e dal padre di costui, Rodolfo d'Asburgo). Per approfondimenti sulla concezione dantesca della cupidigia, prima causa del traviamento morale dell'umanità (di cui è ritenuta emblema la lupa di
Inf. 1.49), cfr. Palumbo,
Obstinata cupiditas.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.09.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.