Commedia |
compiange Inf. 2.94 (:). |
Deriva dal lat. volg. *
complangere (DELI 2 s.v.
compiangere), con conservazione del nesso -
ng-, che darebbe invece esito palatale in fior. (cfr. Castellani,
Il più antico statuto, p. 221). Secondo Viel,
compiangere e soprattutto
compianto (vd.) sarebbero invece
gallicismi letterari (cfr. Viel,
I gallicismi, pp. 177-178). Il verbo è diffuso nei testi del Due e Trecento con il signif. di ‘provare compassione, essere partecipi del dolore altrui’: vd. TLIO s.v.
compiangere. In
Inf. 2.94 indica il sentimento misericordioso per cui la Vergine (
Donna... gentil nel ciel), provando compassione dell'
impedimento di Dante, fu mossa a soccorrerlo attraverso Lucia e quindi Beatrice. Tra i commentatori, Benvenuto da Imola chiosa «id est compatitur»,
Francesco da Buti «si duole di questo impaccio».
Boccaccio interpreta
compiangersi come ‘rammaricarsi’, ma precisa che il verbo va intrepretato solo
come se la donna fosse mossa da rammarico: poiché, infatti, non può accadere «che in cielo sia, o possa essere, alcuno ramarichio»,
compiangersi deve leggersi come «mostrare una affezione dello 'mpedimento dell' autore, come qui tra noi mostra chi ha compassione d'alcuno».
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 21.06.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2019.