Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

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bivero s.m.
Frequenza:
Commedia 1 (1 Inf.).
Lista forme e index locorum:
Commedia bivero Inf. 17.22.
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: TLIO, Crusca in rete, ED.
Nota:Dal lat. tardo biber (LEI s.v. biber/beber), di origine germ. (*bebr-, cfr. ted. Biber, ingl. beaver, ‘castoro’); l’att. dantesca è preceduta dall’occ. in un testamento volg. scritto in Persia (Doc. venez., pis.-lucch., 1263: «abeo bieveri xxj li quali sono miei propi») con il signif. meton. di ‘pelliccia di castoro’. Nell’ambito delle similitudini rif. a Gerione, Dante raffigura l’animale parte ... in acqua e parte in terra (così come i burchi nei precedenti vv. 19-20), pronto a intraprendere la sua guerra. Che questa venga condotta a svantaggio dei pesci, attirati dalle gocciole oleose che trasuderebbero dalla grossa coda del castoro, è rif. da tutti i commentatori antichi (per primo Jacopo Alighieriad loc.: «qui della qualità d’alcuno animale, nominato bivero, così si ragiona che, nelle lagune della Magna naturalmente stando e vivendo di pesci, alcuna stagione dell’anno così a sua pastura s’acconcia, essendo di grandezza e di forma come faina, e avendo la coda formata di pesce, la quale con tanta grassezza permane che, stando alla riva e percotendola nell’acque, scandelle come d’olio per l’acqua rimangono, alle quali i pesci traendo, da lui finalmente son presi»), ma non trova riscontro, oltre che nella realtà, né nei bestiari né nella trattatistica zoologica mediev. Forse più persuasiva l’ipotesi avanzata da Ledda, Bestiario dell’Aldilà, pp. 108-112, secondo cui la sua guerra il castoro – descritto ad es. in Alberto Magno, De animalibus VII 1, 2, come strenuo e mordace combattente – la sosterrebbe contro i cacciatori tedeschi, lurchi («viene a dire divoratori immondi»: Ottimoad loc.) in quanto bramosi di prelevarne la coda, considerata una ghiottoneria (nonché una pietanza di carne consentita dalla Chiesa anche nei giorni di magro, per la sua assimilazione al pesce). La stessa voce bivero doveva risultare oscura alla gran parte degli antichi glossatori, che di fatto mancano di chiamare in causa i sinon. castoro – certo il più diffuso, per quanto assente in Dante – e fibro (cfr. TLIO s.vv. castoro 1 e fibro), con la sola eccezione di Benvenuto da Imola, ad loc. («istud animal graece dicitur Fiber, latine vero Castor»); da ciò prob. il carattere aleatorio delle descrizioni, miste di elementi veridici e fantastici, dove il misterioso animale è assimilato alla faina (Jacopo Alighieri), alla volpe (Pietro Alighieri), a un uccello acquatico (Ottimo) o a una fusione di caratteri da fare invidia all’ornitorinco (Chiose Selmi: «ha il capo come faina infino al collo, e al mezzo de le spalle si ha due piedi come aquila, e ha ali come spiritello, e il ventre pennuto come anitra, e dal terzo in giù si ha coda di pesce»); la falsa identificazione di Francesco da Buti («Lo bivero; cioè la lontra maschio», ad loc.) determina l’erronea def. in Crusca 1-2, s.v. bevero («L. lutra»), corretta a partire da Crusca 3 («Castóro. Lat. fibercastor»).
1 [Zool.] Mammifero roditore acquatico (Castor fiber).
[1] Inf. 17.22: e come là tra li Tedeschi lurchi / lo bivero s'assetta a far sua guerra, / così la fiera pessima si stava / su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra. 


Autore: Paolo Rondinelli 26.04.2021 (ultima revisione: 01.11.2021).