lercio agg.
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Commedia |
lerci Inf. 15.108 (:). |
Nota:Gen. l'etimo di
lercio è ricondotto al lat. parlato *
hĭrciu(m), agg. di
hircus 'irco, caprone', tradizionalmente noto per il suo cattivo odore, con fusione dell'articolo determinativo (DELI 2 s.v.
lercio), ma non concorda Nocentini (s.v.
lércio, lèrcio), che propone una prob. origine da
bilercio,
sbilercio 'storto, bieco, guercio', per sottrazione di prefisso. L’agg. ricorre esclusivamente nell'
Inferno ed esprime in partic. con la sua forte pregnanza semantica la condanna da parte di Brunetto nei confronti del proprio peccato (cfr. Chiavacci Leonardi,
ad l.). A questo proposito, Muresu,
Tra gli adepti di Sodoma, p. 13, rileva che «
lerci, cioè fisicamente oltre che moralmente 'sozzi', sono da lui chiamati i dannati della schiera di cui anch'egli fa parte» e sottolinea «come il senso di sordida sporcizia che tale termine esprime corrisponda in toto al valore semantico del sostantivo "immunditia" – traducibile appunto come 'lordura, lerciume' – che ricorre in due epistole paoline; e, a scanso d'equivoco, è lo stesso Tommaso d'Aquino a rilevare che la
Glossa (nel caso specifico, quella
interlinearis) identifica l'"immunditia" con la "luxuria contra naturam"» (
ivi, p. 18). Il signif. di
lercio come 'moralmente immondo' rientra pienamente nell'uso due-trecentesco (cfr.
Corpus OVI).
1 Moralmente immondo (
fig.).
[1] Inf. 15.108: In somma sappi che tutti fur cherci / e litterati grandi e di gran fama, / d'un peccato medesmo al mondo lerci.
Autore: Chiara Murru 02.09.2019 (ultima revisione: 02.11.2020).