Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

Vocabolario Dantesco

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gorgogliare v.
Frequenza:
Commedia 1 (1 Inf.).
Lista forme e index locorum:
Commedia gorgoglian Inf. 7.125.
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: TLIO, Crusca in rete, ED.
Nota:
Verbo proveniente dal lat. volg. *gurguliare (Nocentini s.v. gorgogliare), derivato di gurgulio ‘gola’. Gorgogliare è att. per la prima volta nei Fatti de' Romani (cfr. TLIO s.v. gorgogliare), dove è usato intransitivamente, con rif. alla voce di Eritto, che, in una lingua assai dissimile da quella umana, invoca lo spirito di un soldato appena morto («e gorgogliando diceva d'ogni linguaggio»; cfr. Luc., Phars., VI, 685-687: «tum vox [...] confundit murmura primum dissona et humanae multum discordia linguae»). Dante invece utilizza il verbo con uso trans. e pron, sebbene alcune edd., sulla base della trad. manoscritta, eliminino il si (come già il Nidobeato) o mettano a testo lor gorgoglia (da ultimo, Lanza), e altre lo accentino (da ultimo, Inglese). Boccaccio così commenta il passo dantesco: «nella quale [scil. nella strozza] se alcuna superchia umidità è intrachiusa, non può la voce nostra venir fuori netta ed espedita, e sono allora le nostre parole più simili al gorgogliare che fa talvolta alcuno uccello che ad umana favella; e per ciò che questi peccatori hanno la gola piena del fango e dell'acqua del padule, è di necessità che essi si gorgoglino questo lor doloroso inno nella stroza». Il gorgogliare degli accidiosi (che nel testo dantesco si oppone alla «parola integra»), è, secondo Boccaccio, una voce non «espedita», che, avendo perso ogni tratto umano, è simile al verso che talvolta emettono gli uccelli. Tale interpretazione sembra richiamare l’agg. chioccio (vd.), che ricorre proprio all’inizio di Inf. 7. È interessante anche ciò che afferma il Varchi nell'Ercolano, riportando l'es. dantesco: «E quando uno barbugliando si favella in gola, di maniera che si sente la voce, ma non le parole, s'usa il verbo gorgogliare» (cfr. Crusca (4) s.v. gorgogliare). Le spiegazioni di Boccaccio e Varchi sembrerebbero avallare l'uso pron. del verbo. Si osservi inoltre che in Piero de' Crescenzi volg. (ed. Sorio) (L. 6, cap. 37, vol. 2, p. 272: «e lo 'nfermo riceva il fummo del detto vino per la bocca, e poi gorgogli il vino») si riscontra l'uso trans. di gorgogliare in traduzione del latino gargarizare, 'fare i gargarismi con qsa' (cfr. GDLI s.v. gorgogliare § 8). Sul signif. qui proposto, dunque, influiscono gli usi grammaticali (che sembrano conferire al verbo il senso letterale di 'farsi i gargarismi con qsa'), il suo particolare ogg. («quest'inno»), che contribuisce allo scarto semantico dantesco, e la situazione stessa dei peccatori, che, sommersi dal fango e strozzati in gola da esso, non possono che emettere suoni intermittenti e simili a un ribollio (quasi come in un gargarismo).
1 Pron. [Detto di un inno:] cantare confusamente con suoni strozzati e intermittenti, simili a quelli del ribollio di un liquido.
[1] Inf. 7.125: Quest' inno si gorgoglian ne la strozza, / ché dir nol posson con parola integra.


Autore: Cristiano Lorenzi Biondi 14.06.2017 (ultima revisione: 15.05.2018).