alloro s.m.
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Commedia |
alloro Par. 1.15 (:). |
Nota:Dal lat.
illam laurum (DELI 2 s.v.
alloro), con concrezione dell’art. (cfr. Rohlfs, § 341). Ha un'unica att. in Dante, come il suo allotropo di matrice dotta
lauro (vd.). La maggior parte dei commentatori antichi e moderni riferisce l'agg.
amato ad Apollo, con allusione al mito di Dafne, da lui concupita e trasformata in alloro dal padre Peneo (Ovidio,
Met. 1.452 sgg.; ad es.
Ottimo,
ad l.: «Ora vedi perchè dice il testo l'
amato alloro: perchè fue amato da Apollo»). Diversamente, altri intendono 'amato dai poeti', ad es.,
Francesco da Buti,
ad l.: «l'allorio è arbaro che sempre sta colle follie, et è sempre virente, et è consecrato ad Appolline: imperò che la sapienzia sempre è verzicante, e però si coronano li Poeti di corona d'allorio in segno che la loro scienzia e la loro fama sempre dè essere virente [...]; e però chi ama l'allorio; cioè di essere coronato d'allorio, ama la poesì, e chi ama la poesì conviene che abbia de la sapienzia che è dono di Iddio». Cfr. anche
Par. 1.21 sgg. e in partic. la
fronda peneia dei vv. 32-33 (vd.
fronda).
1 [Bot.] Albero sempreverde della famiglia delle Lauracee (
Laurus nobilis), con le cui foglie intrecciate erano coronati i poeti.
[1] Par. 1.15: O buono Appollo, a l'ultimo lavoro / fammi del tuo valor sì fatto vaso, / come dimandi a dar l'amato alloro.
Autore: Simona Biancalana 08.04.2024 (ultima revisione: 12.07.2024).