flettere v.
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Commedia |
flette Par. 26.85. |
Nota:Latinismo da
flectere (DELI 2 s.v.
flettere) che ricorre solo nel canto 26 del
Par., caratterizzato «dalla copia dei latinismi, anche al di sopra della media consueta nel
Paradiso» (Mengaldo,
Appunti sul canto XXVI, p. 224). È att. prima di Dante solo due volte in testi non toscani del XIII sec. (
Poes. an. urbin. e
Proverbia pseudoiacop.): cfr. TLIO s.v.
flettere. Come si può verificare dal
Corpus ClaVo,
flectere era per lo più tradotto dai volgarizzatori trecenteschi con
piegare: per es., detto del ramo di un albero come in
Par. 26.85,
Arte Am. Ovid. (A), L. II, p. 85.21: «Lo ramo de l'arbore si piega con servigio» (lat. «Flectitur obsequio curvatus ab arbore ramus»). La fonte della terzina dantesca (che riprende un topos classico) è stata individuata in Stazio «Alpini veluti regina cupressus / verticis urguenti cervicem inclinat in austro» (Stat.,
Theb., VI, 854): vd. già Scartazzini
ad l. e Basile in ED; cfr. Pirovano,
Par. XXVI, pp. 772-773. Anche
inclinare, nel
Corpus ClaVo, ha come traducenti
piegare o
inchinare, e agli stessi verbi ricorrono i commentatori per parafrasare il verso 85 (cfr. Iacomo della Lana,
Francesco da Buti). Per Mengaldo,
ivi, il verbo
flettere «non solo – secondo la fine osservazione del padre Cesari – è precisamente più lieve [[...]] dei possibili sinonimi
piega o
inclina o altri, ma comporta [[...]] una più esatta connotazione scientifica».
Flectere ricorre anche nelle opere latine, in partic. in
Eg. 4.3 e nella formula di saluto di
Ep. 9.1 («flexis... genibus reverentie debitum exibet»).
1 Inclinare verso il basso.
[1] Par. 26.85: Come la fronda che flette la cima / nel transito del vento, e poi si leva / per la propria virtù che la soblima, / fec' io in tanto in quant' ella diceva, / stupendo, e poi mi rifece sicuro / un disio di parlare ond' ïo ardeva.
Autore: Fiammetta Papi 11.04.2017 (ultima revisione: 04.05.2018).