discarnare v.
Nota:Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori. Formazione parasintetica su
carne (vd.) (con pref.
dis- dal valore sottrattivo), di prob.
conio dantesco (cfr. Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 13), sebbene si possa suppore un accostamento etimologico al lat. tardo
excarnare, da cui anche
scarnare (vd. TLIO s.v.), con cambio suff. (cfr. Viel,
I gallicismi, p. 47). Viel, «
Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 70, considera
discarnare un
francesismo culturale per il prob. influsso esercitato dal fr. antico
descharner, att. anche con l'accezione di 'amaigrir' (cfr. FEW s.v.
caro, 2, 387b; per ulteriori riscontri Viel,
I gallicismi, p. 48). Nel luogo dantesco, il verbo assume il signif. di 'dimagrire, diventare scarno' partic. in volto, in rif. al sintomo dell'
idropesì (vd.), malattia che conferisce al falsario Adamo un volto emaciato rispetto al gonfiore al ventre (per cui cfr. Fenzi,
Il canto XXX, p. 185; Bartoli,
L'idropisia, pp. 17-19). Il senso è recepito da
Maramauro, Exp. Inf. che glossa: «discarno, idest dimagrisco»,
ad l.; allo stesso modo
Francesco da Buti, che per di più ricorre al verbo
consumare in rif. alla consunzione del viso provocata dalla malattia: «onde nel viso mi discarno; cioè per la quale nel volto mi consumo, e viene meno la carne; e questo dice, perchè l'idropico, benchè enfi il ventre, dimagra nel volto»,
ad l. Tale interpretazione si carica di ulteriori signif. nel commento di Giovanni da Serravalle («in vultu me discarno, idest dilacero, vel dilanio, efficior macilentus et dispar in effigie»,
ad l.). Come risulta anche dai contesti in cui ricorre il corrispettivo
scarnare, il passo dantesco appare cit. nel volgarizzamento trecentesco
Comm. Rim. Am. (B) con la forma
scarno di senso fig. (vd. TLIO s.v., §
3).
Autore: Francesca De Cianni 18.11.2020 (ultima revisione: 19.03.2021).